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Salario da lavoro o salario di disoccupazione

 

E’ormai da tempo che le organizzazioni di lotta del napoletano versano in uno stato di stallo, in balia della tracotanza dell’assessorato locale. Il movimento dei disoccupati è vittima della politica scissionista, di marca opportunista, tendente a frantumare e contrapporre i proletari in varie liste e listarelle, sterilizzando preventivamente un pericolosissimo fronte di lotta.

Privato di una piattaforma di lotta classista in grado di esprimere le vere esigenze dei senzalavoro, e quindi dei senza salario, il movimento è costretto ad accettare magre soluzioni governative.

Il progetto ISOLA e le corrispettive tranches per accedervi è un fallimento per i proletari, ma non per le istituzioni locali. Esso rientra in una precisa politica strategica borghese: non e’ altro che un alibi  sociale per elargire un misero sussidio di disoccupazione  solo per una parte dei disoccupati  alimentando la concorrenza sia, direttamente, tra i proletari disoccupati, sia, indirettamente tra disoccupati e occupati, facilitando in questo modo il controllo della piazza.

L’Agenzia pubblica, presentata come un’altra vittoria del movimento, è in realtà un’altra forma meschina di elemosina che mai  potrà rappresentare una vera soluzione lavorativa. Sicuramente è uno dei modi per  prevenire la nascita di un vero movimento di classe.

Il proletariato tutto, occupato, disoccupato, precario o stagionale che sia, nella società borghese è la forza lavoro; se occupato è forza lavoro attiva, se disoccupato è forza lavoro potenziale; la società borghese vive di mercato e i proletari costituiscono una merce particolare e differenziata. Vengono sfruttati nei posti di lavoro o, come disoccupati – l’esercito industriale di riserva – esercitano una pressione sul mercato del lavoro attraverso la quale i padroni attuano un abbattimento dei salari. Ne consegue che anche i senzalavoro sono necessari ai padroni perché, volenti o nolenti, partecipano alla determinazione del prezzo medio della forza lavoro; quindi partecipano anch’essi all’intero ciclo produttivo.

L’attuale «unità» tra le varie organizzazioni e le varie tipologie di disoccupati è solo formale. In realtà, i percorsi sono oculatamente ben differenziati e gestiti dalle forze locali dell’opportunismo politico.

In circa un ventennio sono state perse decine di migliaia di posti di lavoro solo nel napoletano, aumentando drammaticamente il tasso di disoccupazione.

La dinamica oggettiva delle lotte, quindi, si estende e si acuisce anche fuori delle fabbriche. Non si è ancora radicata, però, una linea  politico-sindacale classista che sola  può  catalizzare queste spinte verso una reale unità, verso un movimento proletario unitario, verso un vero e proprio fronte unico proletario che si esprima in organizzazioni che hanno tra i loro obiettivi prioritari il salario per tutti i proletari, occupati o disoccupati che siano, e tra i loro metodi di lotta principali la lotta unitaria dei lavoratori salariati, occupati o no.  Solo attraverso il movimento di lotta classista, impostato su queste direttrici, il movimento proletario può difendere efficacemente i propri interessi immediati e, nello stesso tempo, ambire ad obiettivi politici  ben più ambiziosi.

In questa fase, dunque, è di vitale importanza la formazione di organismi immediati con indirizzo di classe dove ovviamente non sia preclusa la partecipazione ad alcun proletario, soprattutto se disoccupato.

Essendo assente questa prerogativa, le lotte al momento sono confinate sul terreno corporativo e settario. Un certo primitivismo politico-organizzativo dà spazio purtroppo ad una logica di «lista» che nei fatti sancisce il primato dell’opportunismo. Le presunte soluzioni per pochi elementi combattivi sono lontane mille miglia da una futura ripresa della lotta di classe. Le rivendicazioni espresse nei movimenti attuali sono conciliabili con le esigenze della borghesia  e quindi vanno a discapito della maggioranza dei proletari; in più vi è un ulteriore elemento negativo: non preparano il terreno al rafforzamento del movimento e ad ulteriori sviluppi.

Per riguadagnare il terreno della lotta di classe i proletari devono imparare a rivendicare solo ed essenzialmente le proprie esigenze primarie fuori dalle compatibilità difese dai padroni, dagli opportunisti e dalle amministrazioni pubbliche, soprattutto in questa fase di profonda crisi economica e sociale. Il capitalismo, dopo aver accumulato gigantesche quantità di profitti, è entrato in crisi di sovrapproduzione di merci e di capitali, ma pretende di farla pagare solo ai proletari peggiorando rapidamente e ampiamente le loro condizioni di esistenza.

Le assemblee operaie devono coinvolgere proletari di tutti i settori, perché prima o poi tutti i settori vengono colpiti duramente dalla crisi in termini di licenziamenti, abbattimenti di salario, aumento della precarietà del lavoro e contemporaneo aumento dell’intensità di lavoro. I proletari, con le proprie specificità e con la propria differente condizione rispetto alla produzione e alla distribuzione dei prodotti, hanno tutti un interesse comune: combattere contro la pressione sempre più pesante sulle loro condizioni di lavoro e di esistenza, unendo le forze in un’unica direzione: contro la classe dei capitalisti e di tutti coloro che li sostengono.

La crisi economica non ha fermato la concorrenza fra capitalisti, anzi l’ha ancor più acutizzata; non ha fermato le guerre, anzi le alimenta ancor più perché i paesi imperialisti non si fermano mai nella loro corsa ad accaparrarsi mercati vecchi o nuovi, e ci rimettono la vita soprattutto le popolazioni civili e i proletari. La crisi economica capitalistica si abbatte sull’intera massa proletaria precipitandola in condizioni di sopravvivenza estreme che pesano ancor più a causa della situazione di estrema frammentazione e debolezza in cui si trovano i proletari. In queste condizioni sono stati cacciati dall’opera opportunista di conciliazione e di rinnegamento della lotta anche elementare di difesa immediata che sindacati e partiti venduti alla classe borghese hanno attuato lungo molti decenni. E’ una crisi in cui la borghesia saggia il suo potere e la sua forza non soltanto nei confronti di altre borghesie, ma nei confronti dei propri proletari perché le sofferenze e i sacrifici in cui oggi li costringono,  preparano le sofferenze e i sacrifici di domani quando i proletari saranno trasformati in carne da cannone!

Il proletariato è la sola classe che può contrastare e combattere la classe dei capitalisti perché ha interessi antagonisti ad essa; è la sola classe che ha espresso, ed esprime, una prospettiva storica capace di superare, rivoluzionandola, la società borghese della proprietà privata, del mercato, dell’appropriazione privata della ricchezza sociale prodotta, dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Esso non potrà mai aprire il futuro della società ad una nuova economia basata sulla soddisfazione delle esigenze della società umana e non più delle esigenze del profitto, del mercato, del capitalismo, senza fare prima i conti con gli ostacoli, legali ed illegali, che i padroni frappongono e frapporranno accanitamente ad ogni movimento di classe.

Già da oggi bisogna per prima cosa rivendicare il principio del diritto a vivere, lavoro o non lavoro, perché questa non è la società che vogliamo, ma è la società che ci viene imposta dalle forze della conservazione borghese per meri interessi personali di una minoranza di sfruttatori.

Ma, per alzare la testa, bisogna necessariamente utilizzare una delle più potenti prerogative della lotta di classe: la forza numerica!

La lotta classista del proletariato ha finalità storiche di grandissimo respiro, ma deve poggiare sull’esperienza diretta della lotta sul terreno immediato alla quale i proletari disoccupati possono dare un contributo vitale su obiettivi che li riguardano direttamente:

 

- Proletari occupati e disoccupati fanno parte di un’unica classe: il proletariato, e unitaria deve essere la loro lotta.

- Libertà di partecipazione alla lotta per tutti i proletari disoccupati mediante l’apertura permanente delle iscrizioni.

- Aumento dell’assegno dell’indennità di disoccupazione pari al costo della vita.

- Salario di disoccupazione esteso a tutti i disoccupati, fuori della logica dei corsi fantasma e delle tranche di attesa.

 

Per vivere non bisogna superare nessun esame!! Bisogna lottare!!

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

Supplemento a «il comunista» n. 113

Luglio 2009

www.pcint.org

 

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