Back

Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements


 

Afghanistan

No ai falsi eroismi in una guerra imperialista di rapina!

No all’unione sacra  per la patria borghese e imperialista!

Fuori l’Italia dall’Afghanistan e da ogni altro paese occupato militarmente!

Lotta di classe proletaria contro la propria borghesia, prima di tutto, rompendo con la solidarietà nazionale e col collaborazionismo interclassista!

 

 

L’Italia, nell’alleanza imperialista occidentale, fa la guerra da nove anni e conta i suoi 30 morti, mentre i civili afghani subiscono la guerra da nove anni e contano i loro oltre 12.000 morti!

 

Che in Afghanistan la spedizione militare della coalizione occidentale sia una spedizione di guerra non vi erano dubbi nemmeno il giorno in cui le potenze imperialiste, democraticissime  e così solerti a “costruire la pace” nel mondo, decisero di occupare, bombardare e piegare il paese dell’Asia centrale ai propri interessi – Stati Uniti e Gran Bretagna, in primis, ma anche francesi, tedeschi, italiani – col pretesto di combattere Al Qaeda quale pericoloso generatore di “terrorismo internazionale”. Se si voleva una dimostrazione del fatto che il “terrorismo internazionale” di un movimento rifugiato nelle aspre montagne tra Afghanistan e Pakistan si combatte bombardando un intero paese, facendo più di 12.000 morti civili, senza raggiungere nessun risultato in nove anni di guerra, la guerra portata dagli imperialismi occidentali in Afghanistan è lì a dimostrarlo!

Da quando sono state rivelate le notizie sui giacimenti di uranio e altri minerali e metalli strategici presenti in Afghanistan, i veri motivi della guerra “contro il terrorismo internazionale” sono molto più chiari. Agli aspetti geostrategici rappresentati dall’inospitale e montagnoso Afghanistan – inserito com’è nel cuore dell’Asia centrale tra Cina, India, Russia – si aggiungono aspetti di carattere economico non indifferenti. Motivi, evidentemente più che sufficienti, per “giustificare” una guerra di lunga durata da parte degli imperialismi più forti e aggressivi al mondo nel tentativo di accaparrare posizioni privilegiate su di un territorio che, nel quadro di un futuro scenario di contrasti interimperialistici acutizzati e prossimi a scoppiare in scontri armati, è considerato, appunto, nell’Oriente centrale, di elevata importanza strategica.

L’imperialismo italiano poteva restare fuori dai giochi in cui le grandi potenze stanno cercando di ritagliarsi, anno dopo anno, pezzi del pianeta in vista di una futura accelerazione dei  contrasti interimperialistici? Evidentemente no!

Mistificata, come da copione ormai rimaneggiato cento volte, da “missione di pace e di democrazia”, la spedizione di guerra in Afghanistan si sta rivelando sempre più per quella che è sempre stata: una guerra di rapina – come in Iraq – nella quale ogni potenza imperialista militarmente coinvolta cerca in tutti i modi di assicurarsi un vantaggio sulle altre, oggi alleate ma sempre concorrenti e domani possibili nemiche.

C’è la crisi economica mondiale? Non per le spedizioni di guerra! Gli effetti della crisi capitalistica tagliano centinaia di migliaia di posti di lavoro in ogni paese, riducono in miseria e alla fame masse sempre più imponenti di proletari? Le spedizioni di guerra ne risentono solo marginalmente. Si perdono profitti nella produzione di pace? Si guadagnano nella produzione di guerra! Come per le banche, così per la guerra i soldi li trovano sempre, anche in Italia! Infatti, mentre si stavano celebrando solennemente i funerali del  trentesimo “eroe” morto in Afghanistan, il Ministero della Difesa stava già decidendo di mandare altri 100-150 militari italiani in Afghanistan, in qualità di “addestratori” delle forze militari del costituendo esercito afgano.

La retorica classica di stampo italiota circa l’eroismo di soldati che si dedicano a “salvare” bambini e civili dagli “orrori della guerra”, come se la guerra fosse un “evento naturale” di fronte al quale nulla si può se non “soccorrere” in qualche modo le persone colpite, non si è fatta attendere nemmeno questa volta. Che la presenza di una spedizione militare in Afghanistan, armata per la guerra, integrata con forze speciali normalmente dedite a compiti “delicati” e “sporchi”, sia motivata al solo scopo di portare soccorso alla popolazione colpita dalla guerra che fanno “gli  altri” e di permettere lo sviluppo della “democrazia” in un paese che non la conosce e che si pretende abbia un bisogno estremo di realizzarla, fa parte della propaganda borghese con la quale normalmente il potere dominante cerca di coprire le volgarissime e meschine ragioni di puro interesse capitalistico e di prestigio imperialistico che lo muovono. Il fatto che muoiano sotto i “democratici” e “progressisti” bombardamenti occidentali migliaia e migliaia di civili inermi risulta essere il “prezzo da pagare” per assaporare un domani le delizie della civiltà occidentale. Intanto, se muore un soldato della civilissima Italia, si alzano sperticate lodi all’eroismo, all’abnegazione, al contributo nella difesa della patria e dei suoi valori!

Patria e valori? La patria è sempre quella che in mano ai borghesi capitalisti sfrutta fino all’impossibile la forza lavoro proletaria per succhiarne costantemente sangue e plusvalore, che getta sul lastrico milioni di proletari per salvare i profitti dei capitalisti indifferenti agli infortuni e ai morti sul lavoro, che respinge e getta oltre confine immigrati, rom, zingari e lavoratori senza documenti come fossero cani randagi, che manda le sue forze armate ad occupare militarmente e opprimere popolazioni che hanno la sfortuna di vivere un paese e un territorio che rappresenta una determinato interesse per le mire imperialiste dei paesi cosiddetti più evoluti, in realtà industrialmente più forti e armati. Patria e valori? La patria in cui il sistema politico che risponde ai valori della democrazia difende gli interessi che gli stessi adulatori della borghesia hanno definito di una cricca, di un gruppo di capitalisti in lotta contro altri gruppi concorrenti di capitalisti e per la quale lotta è ammesso ogni genere di colpi, legale e illegale nei quali la fa da padrone assoluto la combinazione tra corruzione e malavita!

Questa è la patria borghese per la quale vengono istruiti e addestrati i professionisti della guerra che, in mancanza di guerra nel territorio patrio, vanno a farla nei paesi della periferia dell’imperialismo in cui le grandi potenze hanno deciso di difendere a suon di bombe, missili, mitraglie e schede elettorali i “sacri valori della democrazia occidentale”! Se poi ne muore qualcuno, beh!, è il prezzo che si paga per difendere gli interessi della patria imperialista fuori dei suoi confini…, lo si eleva ad eroe dando in pasto ai media la cerimonia funebre e le testimonianze di parenti e amici, e si continua a fare la guerra!!!

 

Un anno fa, di fronte all’attentato che fece 6 morti tra i militari italiani, la sceneggiata nazionalista era la stessa. Ancora una volta ribadiamo: i proletari italiani, e tanto più i proletari immigrati in Italia, non hanno nulla da spartire con la classe  borghese dominante italiana.

Gli «eroi» morti nelle guerre che i borghesi piangono sono solo una parte del prezzo che la borghesia italiana paga ai suoi alleati imperialisti dai quali, in cambio, chiede vantaggi politici, diplomatici, economici. La guerra ha sempre portato profitti per i capitalisti, morte e disperazione per i proletari. Il prezzo più grande lo paga, come sempre, il proletariato, sia del paese imperialista che del paese occupato militarmente, in termini di maggiore sfruttamento perché deve sopportare il peso di maggiori spese di guerra (per la spedizione in Afghanistan lo Stato italiano sborsa non meno di 1 milione e mezzo di euro al giorno!), e di peggioramento delle condizioni di vita poiché la crisi economica falcia a centinaia di migliaia i posti di lavoro gettando sul lastrico masse sempre più imponenti di proletari, sia in termini di morte e miseria diffuse a piene mani nel paese occupato militarmente.

La chiamata del governo e del capo dello Stato all’unione sacra per onorare «il sangue versato per il Paese», è la propaganda tipica della classe dominante borghese allo scopo di rendere le masse proletarie complici delle sue guerre di rapina. L’esibizione dei corpi dei militari morti nei funerali di stato serve  a far montare un sentimento di vendetta che la propaganda borghese alimenta apposta per incanalare una reazione interclassista contro quelle che vengono disegnate come «le forze del male», quello «straniero» che ha osato armarsi e lottare in casa propria contro gli invasori, invece di accettare, senza opporsi, che le civilissime truppe imperialiste di occupazione gli impongano il proprio dominio politico ed economico.  

I proletari non devono cadere in questa trappola tesa dalla borghesia dominante.

Devono rompere i legami con cui le forze del collaborazionismo politico e sindacale hanno stretto la sorte del proletariato alla sorte della borghesia; devono staccarsi dall’abbraccio velenoso dello sciovinismo con il quale il proletariato è deviato completamente dal suo terreno di lotta in difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro, dei propri interessi immediati e futuri.

Il minimo che i proletari devono chiedere è l’immediato ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan e da tutti i paesi in cui sono state spedite coi pretesti più fantasiosi. Questo non tanto per «evitare» che qualche militare ci lasci la buccia, quanto perché ci si oppone ad ogni oppressione che la propria borghesia imperialista esercita su altri popoli. Ma la richiesta del ritiro delle truppe dai paesi in cui sono state spedite per reprimere altri popoli, per avere efficacia classista deve essere sostenuta dalla lotta proletaria nel proprio paese in difesa delle condizioni di vita e di lavoro. Il proletariato lotta contro ogni oppressione, quindi innanzitutto contro la propria oppressione salariale. E’ questa lotta che gli dà la forza per battersi anche contro le avventure di guerra della propria borghesia imperialista.

Soltanto sul terreno dell’aperto antagonismo fra le classi è possibile che il proletariato riprenda il suo cammino di classe verso la propria emancipazione dallo sfruttamento capitalistico e per la fine di ogni oppressione e di ogni guerra.

 

► No all’unione sacra!

► No alla partecipazione interclassista al cordoglio nazionale!

► No alla collaborazione fra le classi in tempo di pace, tanto meno in situazione di guerra!

► Per la rottura della pace sociale e della condivisione di interessi fra le classi!

► Per la difesa esclusiva degli interessi proletari immediati, senza distinzione di nazionalità!

► Per la ripresa della lotta di classe! Per la riorganizzazione classista del proletariato sul terreno della lotta immediata e sul terreno politico nella prospettiva della rivoluzione anticapitalistica!

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

21 Settembre 2010 - Supplemento a «il comunista» n. 117

www.pcint.org

 

Top

Ritorno indice

Ritorno archivi