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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                        


 

Scioperi nelle miniere delle Asturie e nel metalmeccancio di Vigo

Per la difesa intransigente delle condizioni di vita del proletariato!

Per la lotta con mezzi e metodi di classe!

 

 

Dal 23 maggio i lavoratori delle miniere, specialmente nelle Asturie ma anche nel Leon, Palencia e altre province, sono scesi in sciopero indefinito per esigere dal governo centrale che non tagli le sovvenzioni dirette alla produzione di carbone perché ciò significherebbe praticamente la loro definitiva scomparsa. All'inizio di giugno i lavoratori del trasporto interurbano, prima, e poi i professori precari delle Asturie, si aggiungono allo sciopero. Da parte loro i lavoratori della cantieristica navale di Vigo hanno fatto diverse manifestazioni nel mese di maggio, scontrandosi direttamente tanto con la polizia che con i propri membri del comitato d'impresa.

 

Le politiche antioperaie che la borghesia ha preso e  prende per la Spagna, come d'altra parte succede negli altri paesi scossi dalla crisi capitalistica mondiale, (aumento dell'età pensionabile, riforma del mercato del lavoro ecc.), prima col governo socialista di Zapatero e ora con il governo del Partido Popular di Rajhoy, con la repressione sui posti di lavoro, i licenziamenti che si contano a migliaia ogni mese in tutte le città spagnole, i tagli nei servizi sociali di base, la diminuzione generalizzata dei salari dei lavoratori del settore pubblico delle comunità autonome più indebitate ecc., sono passate finora sopra la testa dei proletari che vedono le loro condizioni di vita deteriorarsi continuamente senza la minima alternativa. Non c'è dubbio che il malessere sociale sia cresciuto notevolmente, soprattutto nella classe lavoratrice che sta soffrendo più di ogni altro strato sociale del peso della cosiddetta situazione d'emergenza. La borghesia, con qualche colpo ad effetto, cerca di rimodellare la legislazione generale che permetteva ancora qualche protezione per i lavoratori anche all'interno delle aziende dove più che mai governa il dispotismo padronale anche ai livelli più superficiali. Questo malessere è però recepito ancora come una vaga espressione di dissenso, democraticamente contrastabile con la protesta civile, simbolica, legalitaria, confidando nelle leggi borghesi perché salvino qualcuno prima che la barca affondi... Insomma, una situazione di frustrazione socialmente accettata e per la quale sembra che non si sia soluzione.

I sindacati gialli, non solo quelli finanziati direttamente o indirettamente dallo Stato o dalle diverse aziende nelle quali sono presenti e che, in più, chiaramente e semplicemente hanno fatto proprio i principi di difendere l'economia nazionale, di salvaguardare a qualsiasi costo il buon andamento della produzione e di portare i lavoratori alla solidarioetà con la borghesia a favore di un interesse comune per il quale essi dovrebbero sacrificarsi, questi sindacati gialli e disfattisti si incaricano di mantenere la classe proletaria legata mani e piedi di fronte ai colpi che la bersagliano da tutte le parti. Convocano soltanto manifestazioni simboliche, scioperi concordati anticipatamente con il padronato e il governo e disorganizzano con  sistematicità nei posti di lavoro qualsiasi tendenza a lottare per resistere alle condizioni di esistenza particolarmente gravose che oggi vengono imposte in ogni dove. Due scioperi generali in tre anni e una decina di manifestazioni molto strombazzate... atti diretti esclusivamente a dar sfogo alle tensioni accumulate allo scopo di far fare al ciclo del profitto capitalistico il suo corso senza troppi ostacoli da parte dei lavoratori salariati.

Da parte loro, le mobilitazioni degli strati sociali intermedi che cominciarono il 15 di maggio dello scorso anno, hanno seguito esattamente la stessa linea che han tenuto  i gruppi dirigenti di questo movimento: difesa della democraziam fiducia nella collaborazione fra le classi attraverso cui si potranno superare gli ostacoli posti dalla crisi capitalistica a tutta la società ecc. Il proletariato si ritrova preso in mezzo ad una tenaglia. Da un lato la direzione gialla, zoppicante e conciliatrice dei sindacati collaborazionisti; dall'altra, le tendenze che inseguono le illusioni dell'autonomia e della spontaneità, che manifestano senza dubbio un malessere sociale profondo, ma che, di fatto, sono egualmente paralizzanti come la  precedente, dimostrando che la lotta di classe non è una questione di forme di organizzazione.

Di fronte a queste forze politiche e ideologiche che lavorano per mantenere il proletariato nel ruolo di vittima delle inclemenze di un mondo che si rappresenta come irrazionale, ma, nello stesso termpo, come l'unico possibile, altre forze materiali di più grande profondità e ampiezza, forze che scorrono nel sottosuolo sociale erodendo la base di qualsiasi equilibrio fra le classi sociali, tendono a spezzare le corde che frenano la reazione della classe operaia. Oggi questo succede solo in maniera tendenziale e appare episodicamente scomparendo subito dopo, ma, nello stesso gtempo, segnano un cammino.

Gli scioperi dei minatori nelle Asturie (che di fatto hanno trascinato nella lotta, per la prima volta in decenni, altri settori di lavoratori, come quello dei trasporti urbani o dei professori precari della scuola secondaria) e gli scioperi dei lavoratori dell'indotto della cantieristica navale di Vigo, sono esempi non solo dello scontro sociale attuale, ma anche di quello che sarà domani, nelle forme più adeguate perché il proletariato imponga i suoi interessi di classe immediati. Effettivamente, secondo gli stessi media borghesi anche di sinistra, ciò che preoccupa di più negli scioperi delle Asturie è che in essi sono riapparse "le scene della guerriglia urbana degli anni '80 in cui minaccia di cadere la regione". Questa è la grande paura che hanno gli imprenditori borghesi e i sindacalisti collaborazionisti: che i proletari riguadagnino il terreno dello scontro aperto, classe contro classe. E oltre la "guerriglia", che i proletari utilizzino i mezzi e i metodi che possono renderli così forti da piegare il nemico di classe attraverso il danno provocato alla produzione. Con scioperi indefiniti, con picchetti organizzati per bloccare il lavoro non solo in questa o quella fabbrica ma in intere zone, con l'estensione della lotta e la solidarietà di classe nel resto della classe lavoratrice. La misura di questa paura è data dalla differenza di atteggiamento mostrato dalle autorità: permissivo nei confronti delle proteste e delle manifestazioni simboliche, e inutili, e duro, invece, nei confronti degli scioperi operai anche se questi scioperi sono comunque controllati dalle forze del consenso sociale. Di più, basti vedere come la stessa repressione lanciata contro i lavoratori, attraverso le forze di polizia o della Guardia Civil, non è sufficiente per spegnere la lotta.

I proletari possono vincere nella lotta. E potranno risalire dalla situazione di sconfitta permanente che soffrono ancora oggi alla condizione di riallacciarsi alla tradizione di classe nello scontro aperto contro i loro nemici di classe. A condizione che di preparino alla lotta prendendola nelle proprie mani, difendendo unicamente gli interessi comuni di classe, a partire dai più immediati e concreti e, soprattutto, recuperando i mezzi e i metodi della lotta di classe.

Questi metodi consistono nell'estendere l'unità di classe in tutte le situazioni, nel lottare contro la concorrenza fra proletari, nel recare danno concreto alla produzione come mezzo per imporre al padronato le proprie rivendicazioni, nel difendersi dalle aggressioni  dello Stato che attraverso i suoi corpi repressivi utilizza per liquidare la loro lotta.

I proletari possono e dovranno lottare e potranno farlo solo se riusciranno a riconquistare il terreno della lotta di classe aperta, quindi non solo della lotta difensiva o offensiva sul terreno economico, ma anche della lotta politica, rivoluzionaria, il cui organo è il partito di classe. Al contrario, essi potranno aspirare solamente a rimanere nell'oscuro tunnel della miseria e dello sfruttamento nel quale la borghesia lo ha infilato.

 

Per la ripresa della lotta di classe!

Per la difesa intransigente dei metodi e dei mezzi della lotta classista!

Per la ricostituzione del Partito Comunista , internazionale e internazionalista!

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

11 giugno 2012

www.pcint.org

 

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