Back

Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                        


 

Ucraina:

La caduta di Yanukovych non risolverà alcun problema alle masse proletarie

 

 

Dalla fine di novembre 2013, la Piazza dell’Indipendenza (Maïdan) di Kiev, capitale dell’Ucraina, è al centro delle proteste contro la decisione del governo di siglare un accordo economico con la Russia anziché con l’Unione Europea.

Va detto che la situazione economica e sociale dell’Ucraina è molto precaria. Yanukovych aveva vinto le elezioni presidenziali promettendo di cancellare le “riforme” antisociali del suo predecessore, la famosa Julija Tymošenko, il biondo idolo dei media occidentali.

Ma con un’economia in ginocchio, strangolata da un debito a breve termine che oltrepassa le sue capacità di finanziamento, il governo ucraino che rifiutava, per timore di un’esplosione sociale, di seguire le raccomandazioni del FMI di tagliare drasticamente la spesa sociale, ha cercato di negoziare un aiuto economico sia con la UE che con la Russia. I negoziatori ucraini domandavano all’UE, tra l’altro, una compensazione finanziaria a fronte della perdita dei loro mercati con la Russia se il paese avesse siglato un accordo con l’Europa.

Alla fine, essendo più vantaggiose le proposte russe, è stato siglato un accordo con la Russia: quest’ultima ha promesso 15 miliardi di dollari senza legarli, a differenza del FMI, “né ad un aumento, né ad un abbattimento né ad un congelamento dei benefici sociali, delle pensioni, delle borse o delle spese”, secondo le dichiarazioni dello stesso Putin (1).

Ma le illusioni sui vantaggi che un avvicinamento all’UE avrebbe potuto portare (benché per i responsabili europei non è mai stata una questione di integrazione dell’Ucraina nell’UE, ma semplicemente di un accordo di “associazione”) erano tali che la sottoscrizione dell’accordo, sebbene preliminare, con la Russia ha fatto esplodere le manifestazioni di protesta: all’inizio limitate, queste manifestazioni hanno guadagnato a poco a poco un’enorme ampiezza, fino a radunare centinaia di migliaia di persone.

A partire dalla metà di gennaio di quest’anno, di fronte alla repressione poliziesca, queste manifestazioni hanno assunto un diverso carattere: non solo per le brutalità poliziesche, “abituali” in casi simili, ma anche per l’emanazione di leggi molto repressive e per il metodo di attaccare i manifestanti prelevandone alcuni e facendoli “sparire” (vi sono state decine di questi casi). Le rivendicazioni filo-europee lasciavano così il posto ad un malcontento generalizzato che si traduceva nella richiesta di dimissioni del presidente Yanukovych.

Dopo la catastrofe economica seguita, nel corso degli anni ’90, alla scomparsa dell’URSS (secondo un rapporto della Banca Europea di Ricostruzione e di Sviluppo, alla fine di questo decennio, il PIL del paese non era che il 37% di quello del 1990!), l’Ucraina aveva conosciuto un periodo di crescita economica nel corso del quale le ineguaglianze sociali sono aumentate; un pugno di capitalisti ricchissimi – gli “oligarchi” - si accaparravano le ricchezze del paese finanziando i diversi partiti presenti nel parlamento che, ovviamente, si occupavano di difendere i loro rispettivi interessi (2).

Il malcontento della popolazione era tale che, nel 2004, la cosiddetta “rivoluzione arancione” sostenuta dagli USA, rovesciava il presidente Kučma. Ma le nuove autorità (fra cui la Tymošenko) imposero misure di austerità particolarmente dure per la popolazione, tali da far scoppiare, nel 2006, una grave crisi politica che aprì per Yanukovych la via al potere. Nel 2008-2009 la crisi capitalista internazionale ha colpito ancor più gravemente l’Ucraina (abbattimento di circa il 15% del PIL nel 2009) e la ripresa economica non si vede ancora oggi (il 2013 è stato un anno di recessione dopo che nel 2012 la crescita era stata nulla) (3).

L’Ucraina, paese che conta 46 milioni di abitanti, è divisa in una parte orientale dove è concentrata l’industria pesante e nella quale la popolazione è perlopiù russofona, ed una parte occidentale, meno popolata e più agricola, che è tradizionalmente ostile alla Russia. Diviso all’interno, il paese è inevitabilmente al centro degli appetiti rivali delle potenze capitaliste dell’Est e dell’Ovest. Se l’Unione Europea non vuole assolutamente l’integrazione dell’Ucraina a causa dei problemi insormontabili che ciò implicherebbe per le finanze e le sue istituzioni, la Germania, la Polonia ed altri paesi del centro Europa sono invece interessati soprattutto al mantenimento della stabilità di questo paese, per il mercato che naturalmente esso rappresenta. Gli Stati Uniti non restano a guardare e lavorano per spezzare i legami del paese con la Russia. Da parte sua, la Russia, per evidenti ragioni geopolitiche, cerca di mantenere l’Ucraina nella sua zona d’influenza. Secondo voci ufficiose di Mosca, una grave crisi in Ucraina potrebbe determinarne la divisione e ciò provocherebbe una guerra il cui obiettivo sarebbe l’annessione della Crimea, dove ha base la flotta russa del Mar Nero...

Le diverse potenze imperialiste in questi ultimi giorni si sono mosse per influenzare il corso degli avvenimenti. Dopo il massacro del 19 febbraio, che ha fatto decine di morti (forse 90 di cui una decina di poliziotti), è stato siglato un accordo fra il governo e i partiti di opposizione sotto l’egida dei ministri degli Affari esteri tedesco, francese e polacco con la presenza di un inviato russo. Ma l’inchiostro di questa firma non era ancora asciutto che Yanukovych, constatando che i suoi partigiani, assieme alla polizia e all’esercito, lo avevano abbandonato, prendeva la via di fuga; veniva formalmente destituito da una votazione in parlamento. Ed è stato nominato un governo provvisorio sotto la direzione del partito della Tymošenko, liberata dopo 2 anni di prigione.

I manifestanti di Maïdan, all’inizio soprattutto studenti, sono stati reclutati essenzialmente negli strati medi, piccolo borghesi, colpiti dalle difficoltà economiche; hanno partecipato senza dubbio anche dei proletari, ma confusi in questo assembramento interclassista che andava “dal disoccupato del PDG di Microsoft Ukraina” (4) all’insegna della democrazia e del nazionalismo ucraino. Con il passare del tempo, i partiti di opposizione tradizionali si sono sempre più screditati a causa dei loro tentativi di compromesso con il potere, mentre cresceva d’importanza l’influenza sui manifestanti delle organizzazioni di estrema destra, ultranazionaliste, cristiane e neo-fasciste. Queste ultime, organizzate come forze paramilitari, hanno preso l’iniziativa di occupare gli edifici ministeriali mentre, contemporaneamente, davano la caccia fra i manifestanti di piazza Maïdan ad eventuali organizzazioni di sinistra.

La classe operaia ucraina, pur avendo alle spalle una ricca storia di lotte (ricordiamo, fra le altre, i grandi scioperi dei minatori del Donbass di una trentina d’anni fa), è stata del tutto assente durante questi drammatici avvenimenti; non vi sono stati scioperi nel paese, né manifestazioni significative nei grandi centri operai dell’est del paese. Certo, questo è dovuto, almeno in parte, alle divisioni regionali appositamente attizzate dai partiti governativi (l’est ha votato massicciamente per Yanukovych contro Tymošenko nelle elezioni presidenziali del 2010). Ma le rivendicazioni e le prospettive avanzate dalle forze politiche borghesi che sono state alla testa del movimento di opposizione non avevano granché da offrire ai proletari sottoposti a un duro sfruttamento (la durata legale del lavoro nell’industria è di 48 ore settimanali, il salario mensile medio inferiore ai 200 euro, il tasso di disoccupazione ufficiale è dell’8%, dopo aver toccato il 15% a metà degli anni ’90). Tuttavia, l’assenza della forza del proletariato nella crisi politica ucraina è, in sostanza, la conseguenza dell’assenza di una benché minima organizzazione classista che ne rappresenti e ne difenda gli interessi.

Gli strati piccoloborghesi sono, anch’essi, vittime delle crisi del capitalismo, e si mobilitano talvolta prima del proletariato, come è successo in questi ultimi mesi in molti paesi del globo. Ma, siccome la loro esistenza è legata al meccanismo capitalista di estorsione del plusvalore dal lavoro salariato, essi sono, per natura, incapaci di avanzare altre prospettive se non la chimera di un miglioramento nel funzionamento dell’economia borghese, di un capitalismo democratico e della scomparsa degli antagonismi di classe.

Il proletariato è la sola classe in grado di portare una soluzione definitiva alla miseria e alle sofferenze delle larghe masse, comprese le masse piccoloborghesi, attraverso il rovesciamento del potere borghese e del capitalismo; in attesa di avere la forza sufficiente per questo sbocco rivoluzionario, è la classe che, anche se solo temporaneamente, ha la possibilità di strappare delle concessioni ai capitalisti ma solo attraverso la lotta di classe aperta.

L’entrata in lotta apertamente di classe del proletariato ha per conseguenza la possibilità di attirare a sé una parte almeno delle masse piccoloborghesi destinate, a causa delle crisi economiche del capitalismo, a precipitare nella proletarizzazione. Ma, se il proletariato non riesce a lanciarsi in questa lotta, se non riesce a liberarsi delle forze collaborazioniste di ogni tipo che lo paralizzano, la borghesia dirigerà inevitabilmente contro di esso la rabbia dei piccoloborghesi, servendosene per schiacciarlo ancor più pesantemente, per accrescere ancor più il suo sfruttamento.

Vittima designata della crisi politica attuale, alla quale non ha preso parte, il proletariato ucraino è destinato ad andare incontro in tempi brevi a pesanti attacchi contro le sue condizioni di esistenza da parte della borghesia, quale che sia la nuova squadra al potere: non vi sono altri modi per rimettere in sesto il capitalismo nazionale.

Alla pari dei suoi fratelli di classe di ogni paese, il proletariato ucraino potrà rispondere a questi attacchi solo rompendo i legami che in nome del nazionalismo, della democrazia o del regionalismo, lo incatenano agli interessi del capitalismo, e imboccando la via della lotta di classe indipendente, ricostituendo le organizzazioni di classe ad essa necessarie e, in particolare, l’organo supremo che è il vero partito di classe, agli antipodi del partito antiproletario che si chiama “Partito Comunista di Ucraina”.

E’ un compito, questo, che non può essere svolto da un giorno all’altro e che non può essere limitato nei confini nazionali, un compito difficile ma esaltante e il solo realista:

 

I proletari non hanno da perdere che le loro catene, hanno un mondo da guadagnare!

 


 

(1) Cfr. Catherine Samary, “La société ukrainienne entre ses oligarques et sa troïka”, http://alencontre.org/video/la-societe-ukrainienne-entre-ses-oligarques-et-sa-troika-2.html

(2) Al parlamento il « Partito delle Regioni » dell’oligarca Yanukovych ha come alleato il Partito Comunista, mentre all’opposizione si trova il partito “Patria” dell’oligarca Julija Tymošenko, il partito “Udar” che ha dei legami con la CDU tedesca e il partito di estrema destra nazionalista “Svoboda” finanziato da un altro oligarca.

(3) Cfr. Catherine Samary, cit.

(4) Cfr. http:// pratelekomunizace. wordpress. come /2014/ 02/ 19/ maidan- and- its- contradictions- interview- with- a- ukrainian- revolutionary- syndacalist/

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

24 febbraio 2014

www.pcint.org

 

Top

Ritorno indice

Ritorno archivi