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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                


 

Gli effetti prolungati della crisi capitalistica spingono i proletari più combattivi ad organizzarsi spontaneamente sul terreno di un antagonismo di classe che da sempre mette in netto contrasto gli interessi proletari con gli interessi borghesi

 

 

Napoli, 8 ottobre 2018.

In occasione delle scadenze di lotta di ottobre di quest’anno indette da diversi organismi del sindacalismo di base, il giorno 28 settembre si è tenuta a Napoli presso la “mensa occupata” dell’Università Centrale (in un primo momento doveva essere fatta nel Palazzo Corigliano poco distante) un’assemblea generale di vari spezzoni dei movimenti antagonisti, dei comitati di quartiere e dei disoccupati “7 novembre”. L’assemblea era indirizzata al sostegno, alla promozione ed alla costruzione di un unico fronte di lotta anticapitalista in occasione delle date dei giorni 10, 26 e 27 dello stesso mese, orientate contro le ulteriori misure antiproletarie che il neogoverno si appresta a varare. La scadenza del 10 ottobre 2018 era però più mirata alla questione abitativa. La casa è sicuramente un problema nazionale ma in una città come Napoli, ad altissima densità di popolazione e dove i proletari vengono sempre più confinati nelle periferie-ghetto, la questione degli sfratti diventa un problema molto sentito alla pari di quello della disoccupazione. Infatti da una circolare del Viminale si evinceva che i futuri sgomberi sarebbero svincolati da soluzioni alternative facilitando così l’intervento della polizia. Negli anni scorsi si sono avute diverse proroghe degli sfratti, ma l’attuale misura governativa sembra accelerare le procedure di tipo repressivo atte a renderli effettivamente esecutivi. Queste procedure si estenderanno anche in altri settori. Non è un caso che a ciò bisogna aggiungere un’ulteriore misura coercitiva, per la verità gia esistente virtualmente, che riguarda le manifestazioni di piazza per cui sarà considerato reato penale l’occupazione stradale punibile dai sei ai dodici anni! La borghesia sa di non potere eludere la lotta dei proletari, ma cerca di mettere in atto tutti quei provvedimenti atti a scoraggiare o quanto meno ritardare la reazione diretta e autonoma della classe proletaria.

Un’altra scadenza in calendario sarebbe quella del 26 ottobre 2018, manifestazione questa del cosiddetto sindacalismo di base vertente contro le misure governative considerate, a ragione, la continuazione di quelle dei governi precedenti. In assemblea sono state lanciate aspre critiche alla manovra dell’esecutivo, soprattutto all’introduzione sterile del cosiddetto reddito di cittadinanza, visto un po’ come una rimodulazione del già esistente reddito di inclusione con un salario un po’ meno misero, ma al prezzo di una maggiore ricattabilità dei proletari e soprattutto come un’ulteriore bastonata a quello che è rimasto dei CCNL. Nello specifico, la strategia della borghesia resterà quella già collaudata, e cioè la contrapposizione sempre più estesa dei contratti atipici, sempre più precari e senza la garanzia di continuità lavorativa dei nuovi assunti, o comunque di quelli che saranno utilizzati in vario modo come forza lavoro, ai contratti preesistenti e meno penalizzanti dei lavoratori già occupati e più anziani che spariranno definitivamente con il pensionamento di questi utlimi. L’altro cavallo di battaglia del governo Lega-Pentastellato, - l’abolizione della famigerata legge Fornero -, veniva giustamente attaccata come un’altra grande mistificazione. La cosiddetta “quota cento” o “quota 41”, infatti, se andrà in porto, andrà a cozzare con misure che hanno comunque già ridimensionato il salario da pensione a prescindere. Col metodo contributivo, la pensione viene calcolata con i contributi realmente versati dal momento dell’assunzione; questo sostituirà gradualmente il metodo retributivo, cioè la pensione calcolata tenendo conto in percentuale delle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore, considerato ormai una misura da  privilegiati e, insieme, all’abolizione della ricongiunzione gratuita per chi ha maturato i contributi in casse diverse e sostituita dal cosiddetto “cumulo contributivo”, hanno penalizzato e penalizzeranno sempre più i lavoratori. In tutti gli interventi in assemblea non poteva mancare un’aspra critica alla politica razzista della Lega verso gli immigrati a cui si opponeva la rivendicazione del diritto di asilo e di soggiorno per tutti coloro che sbarcano sulle nostre coste e lo smantellamento del lavoro schiavizzato in cui versano ormai decine di migliaia di immigrati. Questa manifestazione, in programma il 26, intende coinvolgere tutte le principali città.

L’ultimo appuntamento proprosto, quello del 27, chiuderebbe il ciclo di scadenze con una manifestazione di carattere internazionale” e “unitaria”, ma questa volta a Roma.

Tra gli aderenti all’iniziativa merita una particolare attenzione il movimento dei disoccupati definito “7 novembre”. Questo giovane movimento dei senzalavoro nasce alle periferie di Napoli nel rione Traiano nella zona di Fuorigrotta-Soccavo, zona ad alta densità proletaria e dove purtroppo il lavoro per tradizione si “inventa”, movimento che si è esteso anche in altre zone della città con l’apertura di altre sedi raggiungendo il centro storico. Dalla spinta delle contraddizioni capitalistiche sempre più acuta nasce un ennesimo movimento di disoccupati con un profilo prettamente da “sinistra antagonista”. Il loro grido di battaglia è quello storico del salario garantito, lavoro o non lavoro, e il diritto alla casa. Il basarsi sulle proprie forze senza delegare nessuno e senza accontentarsi delle briciole confidando solo sulla lotta unitaria del proletariato è alla base della loro impostazione politica. Infatti non mancano convergenze con i movimenti per il diritto alla casa e contro gli sfratti e con quelli antirazzisti, protagonisti in varie iniziative. Ed è per questo che la loro adesione a questa assemblea è stata, secondo noi, un po’ il motore propulsore dell’iniziativa soprattutto dal punto di vista dell’impatto numerico.

Presenti con un loro volantino anche i SI COBAS-Napoli e Caserta, che, unitamente ad alcuni elementi generici, inneggiavano ad un “fronte di lotta anticapitalista”.

In conclusione, tirando le somme, si tenta di ricostruire un ennesimo coordinamento unitario che vede protagoniste nuove realtà a cui si aggiungono soggettività di vecchia data. Ma non basterà, come non è bastato in passato, creare un’accozzaglia di firme e scendere in piazza con rivendicazioni pur sacrosante. I limiti e le contraddizioni che denunciammo a suo tempo, durante e dopo gli scorsi tentativi di coordinamento, i quali finirono con un nulla di fatto tra la disgregazione e il disorientamento dei proletari, si ripresenteranno nuovamente e non saranno superati se non si imboccheranno metodi e mezzi caratteristici della lotta di classe. E’ indispensabile, come base di chiarezza e di unificazione delle forze, la formazione di una piattaforma di lotta in cui vengano enunciate le diverse vertenze e problematiche senza corporativismi e, soprattutto, superando la logica delle liste chiuse del movimento dei disoccupati, perchè l’allargamento della lotta a sempre più proletari, ed anche e soprattutto ad altri settori, non può che avvantaggiare lo scontro con la borghesia. Ma per questo obiettivo sarà indispensabile coinvolgere i proletari ancora occupati per strapparli alla concorrenza fra proletari e metterli sempre più oggettivamente in contrapposizione alla politica riformista e democratoide dei sindacati tricolore. Sarà soprattutto indispensabile, per il sindacalismo di base, non farsi intrappolare dalla logica corporativa e concertativa, in una parola: collaborazionista, di CGIL, CISL e UIL, superandola, non solo a parole, ma con azioni classiste, unificanti, e ispirate esclusivamente da rivendicazioni di difesa degli interessi dei lavoratori salariati, occupati o no che siano. Lo stesso sciopero deve diventare nuovamente un’arma della lotta di classe e non lo sfogatoio impotente in cui decenni di collaborazionismo interclassista lo ha ridotto: solo quando lo sciopero sarà organizzato senza preavviso, su obiettivi classisti e senza limiti di tempo, potrà tornare ad essere la manifestazione di una forza reale, capace di resistere alla pressione e alla repressione del padronato e dello Stato borghese che ne rappresneta, sempre, su qualsiasi piano e in ogni occasione, gli interessi; solo in quel modo l’azione di sciopero sarà capace di attirare forze proletarie di altri settori e di altre città sull’unico terreno effettivamente antagonista alla classe dominante capitalistica, il terreno della lotta di classe; solo in quel modo l’azione di sciopero sarà in grado di ottenere dei risultati, non importa se temporaneamente limitati e parziali, ma tali da incoraggiare di perseguire sulla stessa strada. Per giungere a questo traguardo c’è ancora molta strada da fare, sia dal punto di vista della definizione di piattaforme di lotta classista sia da quello di un’organizzazione proletaria indipendente che duri nel tempo, strada verso cui intendono dirigersi i tentativi come quelli di cui stiamo parlando, a condizione di non cadere nelle trappole dell’opportunismo, o del puro sindacalismo di categoria o di etichetta, o nella febbre ultimatista del “tutto e subito”. La ripresa della lotta di classe non è certo dietro l’angolo, ma sin da oggi le avanguardie sono tenute a denunciare e lottare politicamente contro quelle tendenze inculcate da decenni di opportunismo e riformismo borghese dei falsi partiti operai e dei sindacati tricolore.

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

8 ottobre 2018

www.pcint.org

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