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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                


 

La politica dei porti chiusi svela l’arroccamento della classe dominante italiana a difesa di un benessere solo per i possidenti. Il disprezzo per la vita dei migranti naufraghi dimostra l’odio sociale e razziale della borghesia verso i proletari, italiani o stranieri che siano.

 

 

Le vicende della Sea Watch 3, come quella dell’Aquarius, della Mar Jonio, della Sea Eye e di tutte le imbarcazioni delle ong che portano soccorso ai migranti che tentano di attraversare il Canale di Sicilia per raggiungere un paese che non sia in guerra, dove non si muore di fame e di miseria, dove la tortura e la repressione non siano la norma, mostrano il doppio volto di una borghesia che da un lato si vuol fare benvolere per la compassione verso le masse di migranti che fuggono dalla miseria e dalle guerre e, dall’altro, vuol farsi apprezzare come un potere che sa difendere gli interessi del “proprio” popolo.

Il mito degli italiani, popolo di migranti, degli italiani “brava gente”, accoglienti e compassionevoli, è un mito che è stato alimentato nell’ultimo ventennio da governi che, mentre organizzavano i centri di identificazione e espulsione ed emanavano leggi sempre più restrittive verso i migranti “clandestini” e i rifugiati, mostravano il volto buono delle organizzazioni umanitarie, dei sindaci che si davano da fare, come a Lampedusa e a Riace, per allargare l’accoglienza delle migliaia di disperati che arrivavano, delle pressioni verso i governi degli altri paesi d’Europa perché accogliessero anche loro una parte dei migranti che sbarcavano in Italia. “Non possiamo accoglierli tutti”, “aiutiamoli a casa loro” sono slogan che si sono trasformati in tempi rapidi in “prima gli italiani”, “la legalità innanzitutto”, e così le migliaia di fuggitivi dalle guerre e dalla fame, di migranti per forza e non per scelta, di “richiedenti asilo” come le burocrazie di tutti gli Stati borghesi definiscono coloro che fuggono dalle repressioni, dalle torture, dalle guerre, si sono trasformati in perenni clandestini, in gente da respingere, da incarcerare, da rimpatriare. Le leggi più importanti per ogni Stato dell’opulenta Europa sono diventate quelle che si occupano di immigrazione. I flussi migratori, che per ragioni obbiettive sono disordinati, caotici, sono diventati una delle preoccupazioni principali dei governanti europei che, nel loro compito di difendere gli interessi del capitalismo nazionale, della stabilità sociale e della crescita economica del proprio paese, non amano il disordine, il caos provocati inevitabilmente dall’arrivo di centinaia di migliaia di migranti e di rifugiati, senza documenti, senza lavoro, senza nulla da mangiare e senza una casa dove abitare, bisognosi di cure mediche, di assistenza, bisognosi di tutto ciò che serve per vivere.

“Non possiamo accoglierli tutti”, in realtà, nasconde un’altra verità: accogliamo solo quelli che ci possono servire, solo quelli che possiamo sfruttare a vantaggio dell’economia nazionale, solo quelli che si piegano alle nostre leggi a cominciare da quelli che non sono “clandestini”. La situazione di tutti gli altri non è affar nostro e il massimo che possiamo fare è di “aiutarli a casa loro”. Ma questi “aiuti” hanno potuto evitare che milioni di persone fossero colpiti dalle conseguenze economiche dello sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali dell’Africa o dell’Asia, dalle conseguenze delle guerre che localmente vengono scatenate continuamente tra fazioni borghesi, e tra Stati borghesi, per accaparrarsi pezzi di territorio e masse da sfruttare? NO, perché le leggi che dominano negli Stati opulenti d’Europa sono le stesse che dominano negli Stati meno ricchi d’Africa e d’Asia: sono le leggi del capitalismo, della concorrenza più spietata tra capitali e tra Stati che si trasforma continuamente da lotta commerciale ed economica in lotta militare.

E’ sotto gli occhi di tutti come il capitalismo, tanto più nella sua fase imperialista, non ha fatto altro che portare disordine e caos in tutti i paesi del mondo. Non sono i migranti stranieri che portano il disordine in Europa, essi sono figli del disordine che i paesi capitalisti più forti, europei e non solo, hanno portato in tutto il mondo allo scopo di colonizzarlo, di trarre profitto da qualsiasi occasione di sfruttamento delle risorse naturali indispensabili per l’industria come della forza lavoro sempre più schiavizzata. Se il capitalismo, nel suo sviluppo, ha portato sicuramente un progresso nell’industria e, soprattutto, nella grande industria, ha portato contemporaneamente le contraddizioni sociali a livelli insopportabili e non solo perché queste sboccano, prima o poi, in guerre sempre più devastanti, ma anche perché la pace che segue quelle guerre non ha alcuna possibilità di risolvere le contraddizioni che le hanno provocate, gettando in questo modo masse sempre più vaste e numerose in condizioni di precaria sopravvivenza.

Per quanto le masse di migranti cerchino di sfuggire alle devastazioni che il capitalismo ha portato nei loro paesi, quando giungono sulle nostre coste la loro speranza di vita si scontra con una realtà che presenta le stesse contraddizioni da cui sono fuggite, solo più attenuate, più mistificate, meno acute ma egualmente dolorose. I migranti sono ben consci di dover superare rischi di ogni genere per giungere in Europa; i loro viaggi della speranza sono in realtà viaggi terrificanti, viaggi del dolore, nei quali incontrano la fame, il lavoro da schiavi, la repressione, la tortura, la morte. Ma la disperazione è talmente forte che li spinge comunque a tentare.

E’ un fatto: da qualche anno sono soltanto le navi delle Ong che salvano i migranti naufraghi nel tratto di mare tra la Libia e l’Italia o Malta. Raramente le motovedette della Guardia costiera italiana o maltese sono protagoniste di salvataggi e quando succede, come nel caso dell’italiana Diciotti, con la politica dei porti chiusi – anche rispetto alle proprie navi militari – non è per nulla scontato che lo sbarco sia garantito, perlomeno in tempi veloci come richiederebbe la situazione d’emergenza.

La politica antimigratoria dei Salvini, degli Orban, dei Trump, dei Macron, dei Sánchez, si giusitifica con la lotta contro l’immigrazione clandestina. Non c’è come impedire qualsiasi possibilità di immigrazione di massa legale – se non per pochi e facoltosi – per gettare le masse di migranti nella pura clandestinità. Il gioco del potente nei confronti del disperato ha un risultato già bell’e deciso: il disperato rimarrà disperato per la vita, non c’è salvezza, non c’è altro che sopravvivenza nella clandestinità.

Ma la pressione formidabile delle masse che migrano, rischiando la vita nel tentativo di giungere in Europa, contro la quale i governi borghesi pongono ostacoli di ogni genere, è tale che spinge una parte della stessa borghesia a provare per loro compassione e ad organizzare i soccorsi che gli Stati non organizzano e che, anzi, in buona misura hanno demandato alle organizzazioni non governative. Medici senza Frontiere, Emergency, le centinaia ONG che si occupano di lenire le sofferenze delle popolazioni colpite dalle guerre, dalla siccità, dalla mancanza d’acqua e di cibo, dalle malattie, svolgono certamente un encomiabile compito, rischiando essi stessi la vita nelle zone di guerra e nello svolgimento delle operazioni di soccorso, ma non sono e non possono essere la soluzione delle contraddizioni e delle cause delle sofferenze di intere popolazioni.

La capitana della Sea Watch 3, Carola Rakete, che ha tenuto testa al governo italiano, il cui uomo forte è il Ministro dell’Interno Salvini, seguendo semplicemente i dettami della legge del mare per cui il soccorso portato a 51 naufraghi raccolti in mare doveva concludersi con il loro sbarco nel porto più vicino e sicuro, non ha fatto niente di più che salvare vite umane. Impedire alla nave di attraccare al porto di Lampedusa, che risultava il porto più sicuro e vicino visto il punto in cui la nave aveva effettuato il salvataggio (116 nm da Lampedusa, 160 nm da Malta), era di fatto un atto “di guerra”, oltretutto contro un’imbarcazione civile. Gli stessi magistrati di Agrigento che hanno preso in carico le pesanti imputazioni contro la capitana (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, disatteso ordine di non entrare nelle acque territoriali italiane, disatteso ordine di non approdare al porto di Lampedusa ecc.), hanno dovuto dare ragione alla Sea Watch 3. Il governo italiano ha dovuto ingoiare il rospo, la disobbedienza civile attuata dalla Sea Watch 3 ha avuto il risultato di mettere in luce una politica antimigratoria costruita allo scopo di propagandare la “paura di classe” che la borghesia, nel suo profondo, prova nei confronti di masse diseredate e proletarie che per sopravvivere non si fermano mai e sono disposte a rischiare tutto, anche la vita; una politica che in realtà non riesce ad impedire lo sbarco di immigrati – negli stessi giorni che Salvini puntava al bersaglio grosso, la Sea Watch 3, sono sbarcati sulle coste italiane, con barchini che sono sfuggiti a qualsiasi vista, più di 200 migranti – ma che si alimenta di un furore viscerale contro i diseredati e i proletari stranieri, furore che un giorno si rivolgerà anche contro i proletari italiani, quando troveranno la forza di abbandonare la collaborazioni di classe che li lega agli sfruttatori borghesi e di lottare come classe proletaria, come classe antagonista della classe dominante borghese e di tutti gli strati sociali che la sostengono.

Mentre scriviamo, l’esempio della Sea Watch è stato seguito da un’altra imbarcazione, la barca a vela Alex della ong Mediterranea che ha salvato dal naufragio 54 migranti a una settantina di miglia dalle coste libiche. 13 naufraghi, tra minori, donne incinte e malati gravi sono stati trasportati a Lampedusa. Dopodichè, visto lo stato di necessità per i migranti rimasti, si è diretta a nord, verso Lampedusa; inutile dire che la Guardia costiera libica aveva offerto alla Alex di approdare in un porto libico “controllato” da quel che rimane del governo ufficiale di Tripoli, offerta che la Alex ovviamente ha rifiutato. Il 5 luglio la Alex era a 12 miglia da Lampedusa, al limite delle acque territoriali italiane; visto che Malta si era offerta di accogliere questa volta i migranti della Alex, le autorità italiane hanno imposto alla Alex di andare a Malta, cioè a più di 100 miglia di distanza. Era evidente che in una barca a vela di 20, non organizzata per dare da bere e da mangiare, e da dormire, se non ad un equipaggio di 11 persone, quel trasferimento era impossibile: l’emergenza si sarebbe aggravata in modo esponenziale. Perciò la Alex ha puntato su Lampedusa, disobbedendo a tutti gli ordini delle autorità italiane. Alla fine, la sera del 6 luglio, la Alex, forzando il blocco, ha attraccato al porto di Lampedusa e i 46 migranti a bordo sono potuti sbarcare. Naturalmente le accuse sono sempre le stesse: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e il veliero viene sequestrato.

Che cosa è cambiato, nelle ultime ore, nelle dichiarazioni del ministro dell’interno Salvini: per quanto riguarda i porti, nulla, sono sempre chiusi alle ong; per quanto riguarda il trasporto dei naufraghi da parte delle navi ong, questo è considerato sempre un traffico di esseri umani che si combina con quello dei trafficanti tradizionali e degli scafisti, perciò è criminale, e i capitani delle navi ong non sono che dei delinquenti perché “non sono operazioni di soccorso, queste sono operazioni pianificate di invasione del Continente europeo sponsorizzate da miliardari non da filantropi, da speculatori miliardari alla Soros che vogliono cancellare popoli, radici, culture e tradizioni e vogliono nuovi schiavi” (1). Invasione dell’Europa per cancellare popoli, radici, culture e tradizioni e per renderci schiavi? Il lupo, in cima alla cascata, che accusa l’agnello, che sta sotto, di intorbidire l’acqua che sta bevendo... sarebbe da ridere se non fossero parole che rispondono ad una precisa politica della paura, una politica che scalda gli animi contro tutto ciò che tende a contrastare, sebbene con atti del tutto pacifici e umanitari, l’irreggimentazione reazionaria intorno ad interessi di parte, e che esprime l’ambizione piccoloborghese di gestire e amministrare uno Stato che la grande borghesia sembra non essere in grado di gestire con la dovuta forza e il dovuto ordine, e che, nello stesso tempo, esprime una specie di rivalsa della piccola e media borghesia rispetto alle loro condizioni di benessere e di privilegio sociale messe in pericolo dalle crisi capitalistiche e finanziarie internazionali. Come gli ebrei, un tempo, così oggi i musulmani o genericamente gli immigrati, vengono additati come la causa di ogni male, di ogni pericolo per la civiltà, per le tradizioni, per le radici di popoli che, nella storia, in realtà, colonizzando con ferocia e sistematicità il mondo, hanno distrutto, e continuano a distruggere, le tradizioni, le culture, le radici di interi popoli. Ma, alla fine, una cosa, lo sceriffo Salvini ha dovuto ammettere a denti stretti: che la Libia non è un porto sicuro, almeno... “al momento”

Nella stessa situazione in cui era la Sea Watch 3, e il veliero Alex, è ora l’imbarcazione Alan Kurdi, della ong tedesca Sea Eye. Ha 65 migranti a bordo salvati su un gommone in difficoltà, a 30 miglia dalle coste libiche nella notte tra il 5 e il 6 luglio, e attende di avere l’autorizzazione ad approdare ad un porto sicuro in Italia o a Malta. Salvini ha subito scritto al ministro dell’interno tedesco Seehofer: provveda la Germania a farli sbarcare, ma non in Italia, “neppure ai fini di una prima accoglienza, in vista di una successiva, ipotetica operazione di redistribuzione delle persone a bordo verso altri Stati” (2). Ad un certo punto Malta si dice disponibile per il trasferimento dei naufraghi della Sea Eye in un suo porto sicuro. Le condizioni concordate per questo trasferimento erano: che lo spostamento doveva avvenire entro le 22 di venerdì 5 luglio, che avvenisse a 15 miglia nautiche, che l’unità venisse rifornita di 400 litri di gasolio, di 500 di acqua e di cibo per 24 ore di navigazione. Tutte condizioni che non sono state soddisfatte: “In assenza di garanzie scritte, saremmo costretti a rinnovare la richiesta dello sbarco nel Place of Safety (porto sicuro) di Lampedusa quale unica opzione percorribile” dichiara il capitano della Sea Eye (3). Ed aggiunge: “Con 65 persone soccorse a bordo ci stiamo dirigendo verso Lampedusa. Non siamo intimiditi da un ministro dell’interno, ma siamo diretti verso il più vicino porto sicuro. Si applica la legge del mare, anche quando qualche rappresentante di governo rifiuta di crederlo” (4).

Insomma, il braccio di ferro tra il governo e le ong, in merito al salvataggio dei naufraghi e al loro sbarco nel porto più sicuro e vicino, continua. Le ong, che non sono eroi, operano, senza che nessuno le obblighi, secondo la legge del mare contro cui le disposizioni del decreto di sicurezza bis di Salvini sembrano essere armi spuntate, tanto che il magistrato di Agrigento non ha convalidato l’arresto della comandante della Sea Watch Carola Rakete. Di fronte a queste operazioni di soccorso ci sono i salvataggi in mare che il governo attuale non intende assolutamente fare e che anzi vuole impedire: la sua lotta è contro l’immigrazione clandestina, non contro il rischio di morire per migliaia di migranti che fuggono dalle devastazioni dei loro paesi. Ma al governo italiano non va tutto liscio: è stata smontata, dalla stessa magistratura italiana, anche l’accusa, fatta dallo sceriffo d’Italia, Salvini, secondo la quale le ong sono d’accordo con i trafficanti di esseri umani per facilitare l’arrivo di migliaia di immigrati in Italia. Non contento di ordinare il blocco di tutte le imbarcazioni che trasportano naufraghi, Salvini estende il suo livore ai migranti che tentano la via di terra, annunciando la necessità addirittura di alzare un muro in Friuli Venezia-Giulia, al confine con la Slovenia; idea immediatamente scartata da altri ministri dello stesso governo e dalla presidenza della Repubblica, e perciò trasformata in un accordo da stringere con le guardie di frontiera slovene e croate per controllare meglio tutti i possibili varchi che faciliterebbero la temuta “invasione”.

In verità, tutta questa lotta contro i migranti, clandestini per forza, e contro tutti coloro che li aiutano, fa parte di una politica che tende ad irrigidire sempre più le leggi e gli atteggiamenti del potere borghese nei confronti dell’unica classe che possa impensierirlo, se si muove sul terreno della lotta di classe: la classe proletaria, di cui i diseredati e i senza patria e senza casa trasformatisi in migranti clandestini sono una parte, la più debole, la più disordinata, la più caotica; una parte che però anticipa le reazioni della borghesia dominante che sicuramente avrà rispetto ai proletari autoctoni se scenderanno sul terreno dell’aperta lotta di classe, perché lo sfruttamento e le condizioni insopportabili di sopravvivenza che vivono attualmente i migranti africani o asiatici, saranno le condizioni in cui cadranno masse proletarie autoctone non appena si ripresenterà una crisi economica e finanziaria come già si è presentata tra il 2008 e il 2016 e le cui conseguenze si leggono nei 5 milioni di poveri assoluti che le stesse statistiche ufficiali riconoscono.

Non siamo ciechi, e vediamo bene che i proletari italiani non stanno alzando un dito in difesa dei proletari migranti; d’altra parte, fanno difficoltà a difendere se stessi dalle condizioni di lavoro e di vita sempre peggiori in cui stanno precipitando. L’abitudine, per tanti decenni, ad un ambiente sociale democratico in cui le rivendicazioni economiche e sociali viaggiavano attraverso i canali della collaborazione di classe e dei negoziati tra organizzazioni sindacali votate alla difesa dell’economia nazionale ed aziendale, e a far dipendere dalle esigenze primarie delle aziende  qualsiasi miglioramento nelle condizioni salariali e di lavoro, hanno debilitato a tal punto la forza sociale dei lavoratori salariati da non contare più nulla. Ed è tale lo scoramento che una parte dei proletari, caduti nella depressione e nell’individualismo, si fanno catturare dalla propaganda razzista, dalla propaganda della paura dello straniero, dando il proprio sostegno e il proprio voto anche alle forze borghesi più reazionarie.

A questo tremendo asservimento alla borghesia, il proletariato dovrà reagire, dovrà riprendere in mano la propria sorte e imparare a vedere nei migranti che, fuggendo dalla miseria, dalla fame, dalle torture, delle guerre, e sbarcando in un paese ricco e industrializzato, sono sottoposti allo stesso regime di schiavitù, non solo salariale ma anche fisica, che lo opprime da sempre. L’opera pia dei salvataggi in mare, degli aiuti negli sconfinamenti, sono certamente una manna per i migranti coinvolti, ma non potranno mai risolvere né il “problema” dei flussi migratori, né tantomeno le cause economiche e sociali che stanno alla base di queste massicce migrazioni: il capitalismo, il suo modo di produzione volto esclusivamente al profitto, e quindi il potere borghese che domina la società intera ma che ha un unico tallone d’Achille: la classe proletaria, la classe dei senza riserve e dei senza patria, la classe che produce l’intera ricchezza sociale, ma non la possiede e non ne gode che in infima parte, la classe che ha già espresso storicamente la sua forza sociale nelle lotta di classe e nella rivoluzione di classe e che tornerà ad essere protagonista della propria storia. Non è oggi e non sarà domani, ma i contrasti economici, sociali, politici e militari che inesorabilmente il capitalismo sviluppa matureranno i fattori positivi per la rivoluzione proletaria, e la borghesia avrà finalmente una ragione seria per esprimere tutta la sua “paura di classe”. Allora non saranno i milioni di diseredati e di proletari che migrano senza meta fuggendo le conseguenze dello sviluppo capitalistico ad essere il facile bersaglio delle politiche reazionarie dei governi borghesi; saranno i milioni di operai tornati alla lotta di classe, riorganizzati sul terreno di classe e guidati dal loro partito di classe, che faranno tremare i polsi ai governanti di tutti i paesi!| 

 


 

(1) Crf. Il fatto quotidiano, 7 luglio 2019, Lampedusa, la nave Alex sequestrata dalla Guardia di Finanza. Sbarcati i migranti, il capitano è indagato.

(2) http:// www. ansa.it/ sito/notizie/ cronaca/ 2019/ 07/ 05/ mediterranea-vicino- lampedusa- stop_44a38aa3-9077-46b5-a647-0e01b6b438d1.html

(3) http:// www. corriere.it/ cronache/ 19_luglio-07/ alan-kurdi-cambia-rotta-si-dirige-malta-bordo-65-migranti-ae5a8294-a077-11e9-b20c-12356eab285e.shtml

(4) https:// www. ilmessaggero.it/ politica/ migranti_ sea_eye_ ong_ news_ posizione_salvini-4602493.html

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

7 luglio 2019

www.pcint.org

 

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