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Spagna

Tentativi di pogrom e retate contro gli immigrati a Torre Pacheco.

C'è una sola via d'uscita: la lotta di classe, al di sopra di ogni divisione nazionale, etnica o razziale

 

 

A Torre Pacheco, Murcia, dopo diverse settimane di presunti episodi di violenza, sempre attribuiti agli immigrati marocchini (molti dei quali sono delle bufale diffuse da gruppi di estrema destra sui social media), si è acceso un "focolaio di razzismo" in cui centinaia di residenti, accompagnati da centinaia di elementi di estrema destra giunti lì appositamente per partecipare alle rivolte, si sono scontrati con gli immigrati marocchini, cercandoli nei loro quartieri, picchiandoli per strada, attaccando le loro attività commerciali ecc. Da parte loro, gli immigrati, soprattutto i giovani, hanno reagito con forza, scontrandosi con i manifestanti e la polizia, causando diversi feriti e alcuni arresti. In effetti, se si deve credere alla stampa borghese e ai social media altrettanto borghesi, gli elementi di estrema destra che avevano esplicitamente promesso una sorta di pulizia etnica della città avrebbero pagato il prezzo della loro spavalderia, e nemmeno l'aiuto della polizia, della Guardia Civil e la copertura mediatica loro concessa avrebbero impedito ad alcuni di loro di essere ricoverati in ospedale.

Questi eventi sono tutt'altro che spontanei. Una cosa del genere si stava preparando da settimane: prima, il tentativo frustrato di un gruppo neonazista di radunarsi davanti al carcere minorile di Hortaleza (Madrid), poi le manifestazioni contro lo stupro di una donna da parte di un uomo maliano ad Alcalá de Henares (sempre Madrid), e infine Torre Pacheco. E per tutto questo tempo, in diverse città e paesi della Spagna sono apparsi manifesti che invocavano la difesa della "sicurezza cittadina" e la "lotta" contro i presunti aggressori marocchini... Il tutto con il tono caratteristico di una campagna preordinata, con la quale, da tempo, si cercava solo un pretesto per scatenare qualcosa di simile a quanto accaduto lo scorso fine settimana nella Murcia.

Torre Pacheco è una delle città spagnole con il reddito pro capite più basso . Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Statistica, questo reddito pro capite era nel 2022 di 9.016 euro. Una cifra davvero bassa, considerando che è una delle città agricole più importanti della Murcia e che ha una fiorente industria incentrata sulla trasformazione agricola e sul settore ortofrutticolo (prodotti sia per il consumo interno che destinati all'esportazione). Qual è la spiegazione di questa apparente discrepanza? Torre Pacheco, come tutto il Sud mediterraneo, da Almería a Murcia, ospita uno degli strati meno pagati del proletariato del paese. Pertanto, la povertà statistica della regione riflette in realtà una fortissima polarizzazione sociale, una distribuzione economica basata sull'impiego di braccianti giornalieri da parte di una classe possidente, composta principalmente da medi e piccoli agricoltori proprietari della terra e del capitale necessario per sfruttarla, in cambio di salari da fame. Queste statistiche offrono un quadro fuorviante di povertà diffusa, quando ciò che realmente esiste è la miseria proletaria e la ricchezza borghese.

Oltre a ciò, Torre Pacheco, come l'intera campagna spagnola, sia nell'entroterra basato sull'agricoltura estensiva, sia nella periferia dove predomina l'agricoltura in serre ultramoderne, sta attraversando una profonda crisi che sta rendendo non redditizie molte aziende, a causa dell'ingresso nel mercato mondiale di nuovi produttori africani e latinoamericani. Pertanto, dal 2012, la superficie coltivata nella regione è diminuita del 52%, passando da quasi 15.000 ettari a poco più di 7.000. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'Economia di Murcia, questo calo delle coltivazioni ha avuto come conseguenza solo una lieve diminuzione dell'occupazione agricola, che impiegava circa 14.000 persone, sempre dal 2012. Tuttavia, al di fuori dell'agricoltura, negli ultimi anni si è registrato un notevole aumento dell'occupazione e, di conseguenza, una diminuzione della disoccupazione: +70% nell'industria, +45% nell'edilizia e +50% nel settore dei servizi. Per questo motivo, la disoccupazione nella regione è diminuita del 60%.

Questi sono i dati ufficiali, che servono a dimostrare, utilizzando i dati  approssimativi sull'occupazione, che l'economia di Torre Pacheco sta subendo due influenze opposte: da un lato, una ristrutturazione dei settori produttivi che ha caratterizzato gran parte delle campagne spagnole per anni, rendendo non redditizia la produzione agricola su piccola scala e liquidando ogni anno una parte delle aziende del settore; dall'altro, una ripresa della produzione non agricola rispetto ai livelli della crisi del 2012 e, di conseguenza, un aumento dell'occupazione e la conseguente importazione di lavoratori, attraverso l'immigrazione legale e/o illegale. Questa è una situazione diffusa in tutta la Spagna: la ripresa economica, il presunto "boom" capitalista, non avviene senza squilibri. Si creano attriti tra settori produttivi, che si riflettono in scontri tra diversi strati borghesi e piccoloborghesi. D'altra parte, la richiesta di manodopera a bassissimo costo da parte del capitale ( i bassi salari consentono un profitto sull'investimento) aumenta le tensioni sociali perché la borghesia riesce ad aumentare la concorrenza tra i proletari, indirizzando tutti i suoi sforzi e le sue risorse a questo fine, alimentando i conflitti, fornendo copertura a tutte le correnti nazionaliste, razziste e xenofobe... con l'obiettivo non di espellere questi immigrati, di cui ha così disperatamente bisogno, ma di disciplinare i nuovi proletari e scaricare su di loro il peso del malcontento sociale generato dallo stesso sviluppo capitalista.

Volete una spiegazione per la violenza di questi ultimi giorni? Eccola. La borghesia, soprattutto una borghesia come quella spagnola, che storicamente è riuscita a mantenere le basi della sua competizione sul mercato internazionale solo grazie ai salari estremamente bassi del proletariato che sfrutta, ha bisogno di manodopera importata per alimentare la concorrenza coi proletari autoctoni e mantenere bassi i salari dei proletari spagnoli e ancor più bassi dei proletari immigrati. La importa in quantità legali o illegali, privandola di qualsiasi diritto, tranne quello di essere supersfruttata. Nei momenti più crudeli e abietti di questo processo, separa i bambini dai genitori, rinchiude i minori con gli adulti, dà libero sfogo alle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, all'estorsione e all'omicidio per fare soldi... In breve, tratta gli immigrati come animali.

 Non c’è da sorprendersi di questa violenza. Un solo gruppo sociale è responsabile: la borghesia, la classe criminale per eccellenza. E questo vale tanto per la borghesia spagnola, che affolla, reprime, maltratta e assassina i proletari migranti, quanto per qualsiasi altra, in particolare quella marocchina, che per decenni ha cercato di mantenere uno stretto controllo sui suoi "sudditi all'estero" sviluppando un esteso sistema di spionaggio e repressione attraverso moschee ed elementi della piccola borghesia commerciante: entrambi svolgono un ruolo nel mercato dello sfruttamento proletario.

Gli eventi di Torre Pacheco sono stati deliberati e quasi pianificati. Anche in tempi di relativo boom economico, di una certa – molto limitata – stabilità, il capitalismo può esistere solo creando disordine, caos e sofferenza. Ha bisogno di questo tipo di situazioni, di queste razzie incoraggiate e diffuse dalla televisione, da un lato per allentare la pressione che inevitabilmente si accumula nella sua società e che cerca sempre di incanalare verso qualsiasi forma di violenza contro i proletari; dall'altro, per usare questi scontri, questa violenza, per disciplinare e sottomettere, attraverso la paura, le migliaia di nuovi proletari che arrivano in Spagna per essere sfruttati nelle campagne e nelle città. Torre Pacheco mostra loro il destino che avranno: lavorare in condizioni dure e sempre esposti e oggetto di violenza, sotto qualsiasi pretesto. In questo caso, si è trattato di violenza "popolare" (quella dei figli della piccola borghesia), ma sempre, in ogni occasione, si tratta di violenza istituzionale e poliziesca. E questa politica non è esclusiva di un particolare settore della borghesia. L'intera classe borghese la condivide e la promuove, svolgendo il ruolo corrispondente ai suoi interessi e al suo sviluppo. Gruppi nazionalisti come VOX e i loro satelliti di strada incitano apertamente ai tentativi di pogrom. Ma il governo di coalizione PSOE-SUMAR li lascia fare, consente la mobilitazione di gruppi di estrema destra, si rifiuta di inviare la polizia e, quando lo fa, le ordina di reprimere gli immigrati che si difendono da soli, non i fascisti che cercano di "dar loro la caccia". La convergenza, e persino il coordinamento tecnico, tra tutte le forze della borghesia è un dato di fatto: i fatti di Torre Pacheco non si sarebbero verificati se il Ministero dell'Interno di Grande Marlaska (del PSOE), lo stesso che ha ordinato l'arresto di oltre 25 metalmeccanici a Cadice, non l'avesse permesso.

Gli eventi di Torre Pacheco somigliano come due gocce d’acqua a quelli accaduti a El Ejido 25 anni fa. All'epoca, vi fu un episodio di violenza simile a quello delle giornate di persecuzione scatenate la scorsa settimana contro i lavoratori nordafricani, con incendi delle loro case e tentati omicidi... tutto con la complicità delle autorità, che anche allora ritenevano necessario dare una lezione a un proletariato al quale volevano insegnare cosa significhi davvero "coesistere". Ma poi, 25 anni fa, i lavoratori di El Ejido e di parte di Campo de Níjar risposero con una forza inaspettata: proclamarono uno sciopero selvaggio in tutta la zona, abbandonarono il lavoro e stroncarono la violenza contro di loro sul nascere, almeno temporaneamente. All'aggressione da parte della piccola borghesia locale, dei proprietari terrieri, nelle fabbriche e nelle aziende risposero con l'arma proletaria per eccellenza: lo sciopero. Naturalmente, la vittoria dei lavoratori non fu definitiva. Qual tipo di incursioni cessarono, certo, ma la violenza continuò e continua. Giungono periodicamente notizie di incendi nelle baraccopoli dove vivono i lavoratori, di stupri di donne migranti, di pestaggi di giovani... tutti atti dimostrativi compiuti dalla borghesia locale per seminare il terrore tra le masse proletarie.

I proletari di Torre Pacheco, come quelli di tutto il mondo, autoctoni o stranieri, hanno un solo modo per affrontare eventi come quelli di questi giorni: la lotta di classe. Questa lotta significa riconoscere che ci sono interessi comuni, al di là di razza, nazionalità, sesso, età... che uniscono l'intera classe operaia: la necessità di resistere al capitale, di osteggiare le sue esigenze che porteranno a sempre maggiore sfruttamento e a peggiori condizioni di vita. Ma significa anche comprendere che la solidarietà di classe, il rifiuto di collaborare con la classe borghese dominante, con i padroni, con i loro partiti, con le loro forze repressive, è un dovere dal quale i proletari autoctoni, coloro che godono di condizioni economiche e sociali migliori rispetto ai loro fratelli di classe immigrati, non possono esimersi. Non possono (non devono!) in nessuna circostanza mostrare solidarietà con gli interessi della "loro" borghesia; non possono (non devono!) formare un fronte comune con i "loro" datori di lavoro contro i lavoratori che si trovano in condizioni peggiori, sperando così di mantenere una situazione in qualche modo migliore a costo delle sofferenze del resto del proletariato.

Purtroppo, la politica della collaborazione di classe ha influenzato e influenza ancora una buona parte del proletariato spagnolo, diventando  moneta corrente. Ecco perché alcuni proletari sostengono persino slogan razzisti e xenofobi, in cui si esprime quella solidarietà interclassista, di mobilitazione a fianco di elementi di altre classi sociali, da cui si illudono di ottenere dei vantaggi personali. La classe borghese, in realtà, teme il proletariato migrante, che si ingrossa nelle file della classe operaia spagnola ma non gode dei benefici della collaborazione interclassista che esiste da decenni per i proletari autoctoni. Questo rende il proletariato migrante più suscettibile a ribellarsi alle conseguenze dello sfruttamento selvaggio che subisce, a ribellarsi a condizioni di vita e di lavoro disumane e a dare oggettivamente l'esempio della via da imboccare verso la ripresa della lotta proletaria in difesa esclusivamente degli interessi di classe proletari, la via che noi chiamiamo della lotta di classe.

 

Solidarietà di classe tra proletari, autoctoni e stranieri!

Contro le razzie e la violenza borghese di ogni tipo, una sola via: la lotta di classe!

 

13 settembre 2025

 

 

Partito Comunista Internazionale

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