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Introduzione alla serie di articoli "Sul filo del tempo"

 

 

Il complesso lavoro di restaurazione della teoria marxista e di ricostituzione del partito comunista rivoluzionario, caratterizzò l’attività dei militanti della corrente della Sinistra comunista d’Italia, sia nel mantenere vive le battaglie di classe di questa corrente in tutto il periodo storico segnato dalla vittoria della controrivoluzione e dall’affermazione del fascismo, sia nella ferma opposizione alla tremenda ondata opportunista che prese il nome di stalinismo; militanti che, non appena le condizioni sociali, militari e politiche, generate dall’andamento della seconda guerra imperialista, aprirono qualche spiraglio alla loro attività politica e propagandistica, dedicarono le loro forze a riorganizzare questa attività dandole un deciso carattere di partito, nonostante al loro interno le posizioni e le valutazioni non fossero per nulla omogenee. In lotta frontale contro lo sciovinismo e il nazionalismo più deteriore, di cui la resistenza partigiana fu simbolo ideologico e motivo organizzatore del proletariato perché passasse dalla collaborazione di classe col fascismo alla collaborazione di classe con la democrazia, il gruppo di militanti che proveniva dalla Sinistra comunista, rimasti in Italia o esuli durante il ventennio fascista in altri paesi (dove si organizzarono in Frazione del PCdI all’estero, il cui organo, dal 1928 al 1938, fu la rivista Prometeo), dal 1943 al 1945 si riunì costituendo il “partito comunista internazionalista” e si diede, come organo di stampa, dal 1945, il giornale “Battaglia comunista”. Dato l’enorme peso che lo stalinismo ebbe sul proletariato, non solo russo, ma mondiale, facendolo soggiacere alle mire dei centri capitalistici internazionali, era inevitabile che una gran parte del lavoro politico di questi militanti si indirizzasse alla più ferma critica di tutte le tesi, le posizioni e gli atteggiamenti pratici che i partiti, un tempo comunisti, ma trasformatisi poi in partiti stalinisti, esprimevano e diffondevano.

Secondo la tradizione delle battaglie di classe della Sinistra comunista marxista, e i bilanci dinamici che il marxismo doveva trarre dalle esperienze reali non solo delle rivoluzione proletarie, ma soprattutto dalle controrivoluzioni borghesi, la ricostituzione formale del partito di classe avrebbe dovuto seguire, e non precedere, la definizione del programma del partito di classe e delle sue linee politiche fondamentali in stretta coerenza con la teoria marxista, teoria che aveva subito un attacco generalizzato da parte di tutte le tendenze opportuniste e controrivoluzionarie fra le quali predominò per circa un cinquantennio lo stalinismo. La degenerazione opportunista del movimento comunista internazionale, in particolare dal 1926 in poi, ossia dall’affermazione urbi et orbi della teoria del socialismo in un paese solo, aveva lavorato molto in profondità nel falsificare tutti i punti fondamentali del marxismo nel campo dell’economia, del programma politico, degli obiettivi storici, della tattica, dei criteri organizzativi, e in generale di quella che veniva ancora chiamata ideologia del socialismo e del comunismo. Tale gigantesca opera di falsificazione e di deviazione della lotta proletaria dagli obietti, metodi e mezzi di classe rivoluzionari ad obiettivi, metodi e mezzi di conservazione sociale e di difesa del sistema capitalistico di produzione – dunque di conservazione e di difesa di tutta la sovrastruttura politica borghese, fosse democratico-liberale o democratico-popolare – doveva essere studiata a fondo riconquistando il maneggio della teoria marxista e la volontà di lottare per la riaffermazione sotto tutti i punti di vista del marxismo autentico. Era evidente che non poteva bastare il ricollegamento al programma di Livorno 1921, dunque alla fondazione del “Partito comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista”, e alle tesi dei primi congressi dell’I.C., come non poteva bastare il ricollegamento formale alle posizioni e alle battaglie di classe che la corrente della sinistra comunista aveva portato avanti prima della fondazione del Partito a Livorno, nella sua fondazione e durante la sua direzione fino al 1923, poi nel periodo successivo all’interno del partito e dell’Internazionale fino al 1926 e, successivamente, nel lungo periodo della sconfitta del movimento comunista rivoluzionario a livello internazionale e in ogni paese; né poteva essere sufficiente l’attività di strenua difesa delle posizioni della sinistra comunista della Frazione comunista all’estero, sebbene essa rappresentasse, per un quindicennio almeno, uno dei rari nuclei organizzati del comunismo rivoluzionario che non aveva ceduto alle lusinghe o alle minacce e alla repressione dello stalinismo. La tremenda ondata opportunista, che travolse il movimento operaio e il movimento comunista internazionale, non poteva non condizionare in modo pesante il gruppo di compagni della sinistra comunista che si erano organizzati nella Frazione all’estero; come, allo stesso modo, non poteva non condizionare il gruppo di compagni che, con Trotsky, si organizzarono nella IV Internazionale, con cui i compagni della sinistra comunista “italiana” della Frazione all’estero non si trovarono per nulla allineati sulla stessa linea politica, come le vicende legate alla guerra di Spagna del 1936-39 dimostrarono.

Come sostenne Amadeo Bordiga, e con lui diversi altri compagni, il ciclo storico della controrivoluzione “staliniana” doveva percorrere fino in fondo il suo percorso perché potessero emergere i fatti che avrebbero dimostrato indiscutibilmente – dal punto di vista del marxismo autentico – l’appartenenza dello stalinismo (e delle sue varianti “nazionali”) non al movimento comunista rivoluzionario che ebbe in Lenin il suo maggiore rappresentante, ma agli interessi di classe della borghesia e del capitalismo non solo in Russia ma a livello mondiale. La partecipazione della Russia “sovietica” alla seconda guerra imperialista mondiale e le sue contraddittorie alleanze, prima con la Germania nazista per la spartizione della Polonia, poi con Inghilterra e Francia, cui si aggiunsero in seguito gli Stati Uniti d’America, per la spartizione del mondo in zone di influenza distinte, segnava l’apice dell’evoluzione dello stalinismo nel campo della controrivoluzione.

Lo sviluppo dell’imperialismo capitalistico aveva così svolto fino in fondo la sua duplice opera: sul piano dei contrasti storicamente inevitabili tra potenze imperialiste lanciate ad accaparrarsi territori economici le une contro le altre, e sul piano della lotta, mai sospesa, contro la classe del proletariato, in ogni paese e a livello internazionale, tanto più nel periodo storico in cui la vittoria della rivoluzione comunista in Russia e la fondazione dell’Internazionale Comunista come guida mondiale della rivoluzione proletaria, avevano aperto la possibilità, in particolare al proletariato d’Europa, di far proseguire la rivoluzione, una volta stabilizzata nell’immenso continente euro-asiatico costituito dalla Russia, nel cuore del capitalismo europeo. La posta in gioco, per le potenze imperialiste, era decisiva: o la rivoluzione proletaria e comunista, superando i confini dell’arretrata Russia, sfociava in Europa e andava a vincere, oppure la rivoluzione proletaria e comunista e l’instaurata la dittatura di classe – restando forzatamente chiusa nei confini dell’arretrata Russia e, perciò, obbligata ad utilizzare tutte le forze materiali a disposizione per “costruire capitalismo”, come sostenne Lenin – poteva sì resistere sul proprio bastione anche vent’anni (Lenin), se non addirittura cinquant’anni (come sostenne Trotsky sfidando Stalin), in attesa che il proletariato europeo, in Germania, in Italia, in Francia scendesse finalmente in campo e, guidato dall’Internazionale Comunista e dai partiti che ne facevano parte, desse finalmente l’assalto al cielo; ma poteva anche soccombere sotto il peso contemporaneo della forzata “involuzione” capitalistica in Russia e sotto il peso della mancata rivoluzione proletaria in Europa.

La storia ha dato la risposta che sappiamo: attraverso lo stalinismo si è avuto, nello stesso tempo: un’accelerazione gigantesca nello sviluppo del capitalismo russo (dato oggettivamente progressivo in un paese economicamente molto arretrato); un’opera di straordinaria  falsificazione dei cardini della dottrina marxista (costruzione di capitalismo fatta passare per instaurazione del socialismo, appiccicando a tutte le categorie tipiche del capitalismo l’etichetta di “socialista”); la trasformazione della dittatura del proletariato, quindi un potere politico centralizzato al servizio degli interessi generali della classe proletaria “nazionale” e, soprattutto, internazionale e, quindi, della rivoluzione proletaria mondiale, in una dittatura borghese al servizio degli interessi nazionali del capitalismo russo; la distruzione, dall’interno, dei cardini teorici, politici, organizzativi del partito bolscevico di Lenin, e la sua trasformazione in un partito politico borghese con caratteristiche simili ai partiti fascisti conosciuti in Italia e Germania, ma dai quali differiva non per i metodi centralizzatori e repressivi tipici dei partiti fascisti, ma per il compito tutto particolare di utilizzare, a favore della conservazione borghese e capitalistica, il forte riverbero che ancora la vittoria rivoluzionaria bolscevica contro lo zarismo e contro le forze borghesi che nel 1917 tentavano di sostituirsi ad esso, e la fondazione dell’Internazionale Comunista avevano sia sulle masse proletarie e contadine russe, sia sulle masse proletarie e contadine nel mondo.

Questi terribili svolti storici dovevano essere studiati, affrontati con il metodo marxista, valutati e posizionati storicamente nel corso accidentato dello sviluppo delle lotte di classe, delle rivoluzioni e soprattutto della controrivoluzione. La dottrina marxista doveva dare gli strumenti per comprendere non solo che cosa era effettivamente successo e stava succedendo in Russia e nel mondo, ma perché, quali era state le cause della vittoria rivoluzionaria e quali le cause della vittoria della contorivoluzione, e su che basi e in quale prospettiva si sarebbe potuto ricostituire l’organo essenziale della rivoluzione: il partito di classe. Dunque si doveva tornare alla dottrina marxista, in un’opera di restaurazione alla quale già Lenin si era dovuto dedicare negli anni in cui l’opportunismo alla Bernstein e alla Kautsky aveva infettato seriamente il movimento socialista internazionale tanto da portare la sua espressione organizzata più alta, la Seconda Internazionale, a fallire completamente di fronte allo scoppio della prima guerra imperialista. Alle poche forze che ancora resistevano sul bastione del marxismo ortodosso, alle quali il forte collegamento con le battaglie di classe della sinistra comunista dava loro una prospettiva di rinascita, si presentava il compito di fare l’indispensabile bilancio storico e politico, ricostituendo le basi teoriche, di principio, programmatiche, politiche, tattiche e organizzative perché il partito di classe internazionale potesse ricostituirsi. Lo sfondo storico, però, era ben diverso da quello su cui lavorò Lenin; la controrivoluzione staliniana aveva distrutto molto più in profondità le basi e le tradizioni di classe del movimento proletario internazionale di quanto non avessero fatto le ondate opportuniste precedenti. La risalita dall’abisso in cui il partito di classe e il movimento proletario erano precipitati sarebbe stata molto più ardua, ma non per questo venne meno la certezza che il corso storico del capitalismo sarebbe sfociato inevitabilmente in una crisi non solo economica ma sociale nella quale soltanto la classe del proletariato, riconquistato il terreno della lotta di classe e rivoluzionaria, avrebbe potuto incontrare nuovamente il suo partito politico di classe e da questo farsi guidare alla rivoluzione.

Al di là della volontà dei singoli militanti e delle loro singole capacità, il partito di classe, questa collettività di militanti comunisti rivoluzionari, poteva nuovamente vedere la luce soltanto alla condizione di basarsi su un’unica teoria, un unico programma, un’unica organizzazione internazionalista e internazionale, quindi su posizioni e atteggiamenti pratici omogenei. Ma tutto questo sarebbe potuto accadere solo ripartendo dalla teoria marxista, e dalla sua necessaria restaurazione.

La restaurazione della dottrina marxista sulle sue basi storiche, tornando a Marx, ad Engels e a Lenin, doveva quindi essere la priorità per il gruppo di militanti comunisti rivoluzionari che intendevano lavorare per la ricostituzione del partito di classe. In sintesi, è questo il compito fondamentale al quale diversi compagni dell’epoca, e primo fra tutti Amadeo Bordiga, intesero dedicare le loro migliori energie. Indiscutibilmente, fa parte di questo immenso lavoro, una  notevole quantità di scritti, di rapporti tenuti alle riunioni generali del partito, di tesi e di contributi, fra cui la lunga serie di articoli che va sotto il titolo “Sul filo del tempo”.

Questi “fili del tempo” sono, come la grandissima parte di scritti pubblicati nella stampa di partito, dei semilavorati, nell’unico senso in cui li abbiamo sempre intesi: parti di un lavoro generale di restaurazione teorica e di critica politica che il partito si impegna a fare e a continuare a fare, nella consapevolezza che il compito dei comunisti rivoluzionari non era, non è e non sarà di “riscrivere”, “aggiornare”, “innovare” in parte o in tutto il marxismo, ma di trovare le conferme storiche di quanto la teoria marxista ha già definito e previsto. La teoria marxista, a differenza di tutte le altre teorie borghesi, non è un “sistema di pensiero” dovuto a Marx, non è una “concezione filosofica” in competizione con altre concezioni filosofiche, e non è, tantomeno, una ideologia legata a valori morali di sapore naturalistico o soprannaturale. E’, in sostanza, la teoria del processo storico e materiale dello sviluppo sociale della società umana che attraversa fasi di sviluppo determinate, fasi in cui si generano contraddizioni sociali tali da proiettare il movimento reale verso il loro superamento, passando da organizzazioni sociali divise in classi ad una organizzazione sociale senza classi, al comunismo. E’ la teoria della lotta materiale e di classe attraverso la quale la società umana progredisce storicamente; e, in quanto basata sul materialismo storico e dialettico, è la teoria del futuro della società umana determinato scientificamente e applicata alla lotta fra le classi secondo la definizione di leggi generali, nel campo dell’organizzazione sociale umana alla stessa stregua di quel che si è fatto e si fa nel campo delle scienze che studiano i fenomeni naturali.

I “fili del tempo” presentano una caratteristica che altri scritti non hanno. Sono sempre suddivisi in due parti, una prima parte svolta sotto il titolo “Ieri”, e una seconda parte svolta sotto il titolo “Oggi”. Il loro scopo, in generale, è stato di lottare contro l’opportunismo, riprendendo i fatti e la nostra  critica alle tendenze opportuniste di ieri – ossia l’opportunismo dei Treves e dei Turati, insomma il riformismo classico, l’opportunismo socialdemocratico e social-patriottico succube della democrazia borghese e dell’economia nazionale, o anche l’opportunismo dell’epoca precedente – e mettendoli a confronto con i fatti e le tendenze opportuniste più recenti, legate a quella che abbiamo chiamato terza ondata storica dell’opportunismo, ossia, per dirla in breve, allo stalinismo che portò il proletariato a partecipare alla seconda guerra imperialista e alla successiva ricostruzione post-bellica a favore della conservazione capitalistica.

L’importanza della lotta contro le tendenze opportuniste è sempre stata riconosciuta dal marxismo, tanto che esso stesso come teoria e come programma politico è nato nella lotta non solo contro il capitalismo e l’ideologia borghese ma anche nella lotta contro le tendenze opportuniste che hanno infettato il movimento operaio fin dalla sua nascita. Basta ricordare la critica contenuta già nel Manifesto del partito comunista, di Marx-Engels, al socialismo feudale, al socialismo piccoloborghese, al socialismo conservatore o “borghese”, al socialismo critico-utopistico, e la critica di Engels al tradeunionismo che si trasforma in difesa dell’aristocrazia operia, per non parlare della critica all’anarchismo. La stessa gigantesca battaglia di Lenin e della Luxemburg contro l’opportunismo della Seconda Internazionale e di Kautsky, rivela l’enorme importanza che ha sempre avuto per il partito marxista la critica dell’opportunismo in tutte le sue sfaccettature.

«L’opportunismo è un fatto storico e sociale – si legge in una delle Tesi della Sinistra (1) – è uno degli aspetti della difesa di classe della borghesia contro la rivoluzione proletaria; anzi può dirsi che l’opportunismo delle gerarchie proletarie è l’arma principale di questa difesa, come il fascismo è l’arma principale della strettamente connessa contro-offensiva borghese; sicché i due mezzi di lotta si integrano nello scopo comune». Ma l’opportunismo ha una caratteristica tutta sua, come scritto qualche capoverso più avanti: «La caratteristica dell’opportunismo è data dal fenomeno per il quale nei momenti critici della società borghese, che erano appunto quelli in cui si intendeva lanciare la parola per le massime azioni proletarie, gli organi direttivi della classe operaia “scoprono” che è invece necessario lottare per altri obiettivi, che non sono più quelli di classe, ma che rendono necessaria una coalizione tra le forze di classe del proletariato ed una parte di quelle borghesi». In pratica, ogni tendenza opportunista prepara e indirizza la classe proletaria alla collaborazione di classe con la borghesia o con parte di essa.

Va detto che i “fili del tempo” non si fermavano alla critica dell’opportunismo di “ieri” e di “oggi”, ma spaziavano molto spesso nel rimettere in piedi, dal punto di vista del marxismo, aspetti essenziali di tutta una serie di questioni, dall’economia marxista all’inquadramento storico che il marxismo dà alla lotta di classe proletaria e alla sua rivoluzione, dal rapporto tra il socialismo e la sovrastruttura ideologica e politica della borghesia capitalistica al valore sempre attuale della prospettiva della rivoluzione proletaria e del comunismo, dalla puntuale difesa della concezione marxista del partito di classe, della dittatura proletaria e dello Stato proletario, riferendosi in particolare alla Russia, alla critica tagliente dell’individualismo e dell’intellettualismo, dalla questione agraria in tutti i suoi risvolti storici, economici e politici alla questione del rapporto tra il proletariato e la guerra nei diversi periodi storici, e, naturalmente, alle questioni legate alla concezione stalinista del marxismo, della rivoluzione, del socialismo.

Nello svolgere i diversi aspetti della critica marxista alle posizioni e agli atteggiamenti dell’opportunismo di “ieri” e di “oggi”, e nel voler affrontare di volta in volta le diverse questioni che la stessa “attualità” poneva in evidenza, con i “fili del tempo” si intendeva dare risposte tempestive ai problemi e ai dubbi che gli stessi compagni di partito sollevavano, chiedendo chiarezza e coerenza con l’impostazione programmatica e teorica del partito, ma, nello stesso tempo, indicazioni  e argomenti polemici che contribuissero a svolgere l’azione di propaganda del partito, in particolare nelle file proletarie, affinché l’opera di restaurazione della teoria marxista non venisse interpretata o recepita come un’attività a se stante, slegata dall’attività corrente e quotidiana del partito, a contatto con la classe proletaria, la sua vita e i suoi problemi.

La serie dei “fili del tempo”, perciò, seguì non un progetto di studio prefissato sul tema x o y, né tantomeno lo svolgimento dei diversi punti della teoria marxista, ma le molteplici questioni che emergevano dalla stessa attività di assimilazione delle posizioni e di azione del partito, con le cadenze determinate dallo sviluppo di questa stessa attività e dalle discussioni che avvenivano nelle file proletarie tra le quali si svolgeva l’attività di partito. Ecco, quindi, perché i temi affrontati nei “fili” sono stati tra i più diversi e, apparentemente, lontani gli uni dagli altri; apparentemente, perché in realtà essi non costituivano che una continua occasione per riprendere il filo della tradizione e delle battaglie di classe che hanno caratterizzato il movimento comunista internazionale dalle sue origini, e per ribadire la corretta interpretazione della realtà di ieri, di oggi e di domani. Sì, anche la realtà di domani, non perché si indulgesse in previsioni o profezie aventi lo scopo di stupire lettori e compagni con nuovi scenari immaginati, né tantomeno allo scopo di rassicurare, se non di “garantire”, ai compagni e ai seguaci del partito che avverrà la tanto sospirata rivoluzione e il tanto atteso comunismo, magari nel corso della propria vita individuale...

In effetti, basta scorrere i titoli dei 136 “fili del tempo” pubblicati tra il 1949 e il 1955, per rendersi conto che ognuno di essi contiene una lezione storica, un chiarimento sul piano della teoria, un fermo collegamento con le battaglie di classe del marxismo rivoluzionario, una base per sviluppare meglio e con più efficacia lo stesso tema – cosa successa diverse volte, tanto da costituire un unico tema svolto in più capitoli, come nel caso del proletariato e guerra, nel caso della questione agraria, del caso del rapporto tra classe, partito e Stato ecc. – insomma, un punto fermo nella complessa attività di restaurazione della teoria marxista, un punto fermo che non può però vivere separato da tutta l’attività del partito perché non è una trattazione scolastica, non è una trattazione astratta o ideologica, ma fa parte dell’armamento rivoluzionario di classe, fa parte di quelle che sono le armi della critica marxista, prima di diventare critica delle armi.

Fin dai primi anni di attività del partito comunista internazionalista, poi denominatosi partito comunista internazionale, diversi compagni chiedevano che gli articoli che venivano pubblicati fossero scritti in modo “più comprensibile”: questa richiesta partiva dal fatto che per gli stessi compagni molti passaggi, ad esempio dei “fili del tempo”, non erano di immediata comprensione e ciò rendeva più difficoltosa la loro assimilazione e il loro utilizzo nella propaganda delle posizioni del partito. A questo proposito, vale la pena di riprendere la risposta, sempre diretta e asciutta, che Amadeo Bordiga indirizzò ad un compagno della vecchia guardia, Riccardo Salvador (2), e che servì come risposta a tutti i compagni che avevano sollevato lo stesso problema:

«Caro Salvador, mi viene comunicata la tua istanza perché i Fili divengano più comprensibili! Non è la prima volta che tale istanza è sollevata, direi che sono un quarant’anni, e almeno da 35 ho deposto al riguardo ogni preoccupazione ed ogni rimorso nel non darle ascolto. Ti spiego subito perché tale mia decisa risposta non deve dispiacere a te o ad altri. Il testo deve essere difficile. La via dell’opportunismo è lastricata bene e agevole a percorrere: lo stile dei Mussolini dei Nenni ecc. è stato sempre limpido; si vedeva limpidamente che erano traditori. La nostra via è disagevole e chi si stanca non la può percorrere: è bene su questo che la controrivoluzione poggia i suoi reiterati successi contro di noi.

«Il marxismo è scienza proletaria ma non è scienza popolare. Tra i gravi contrasti che si aprono dinanzi a noi sta quello che la classe illetterata deve possedere e maneggiare la teoria più ardua, mentre i colti borghesi si pascono di buaggini “alla portata di tutti”. Posso poco compiere nella presente situazione contraria; mi sono addossato questo lato del lavoro: esattezza e rigore assoluti. Trascuro e non può essere altrimenti la riduzione in pillole di quelli che sono macigni.

«Tu parli della difficoltà della propaganda, hai ragione, ma tieni pur conto che quello che paralizza l’operaio non è l’ignoranza ma il tanto di cultura della classe nemica che gli hanno inoculato. Il nostro settimanale non ha la tiratura delle centinaia di migliaia di copie dei fogli opportunisti che sono sulla linea dell’agitprop: noi lavoriamo ad effetto lontano. Mentre io quindi ho desistito da tempo (e la cosa va in parallelo al fatto che non sono finito nel politicantismo) dal tentare di essere chiaro, vi sono buoni metodi per aiutare i compagni che si stancano. A Torre [Annunziata, NdR] ogni Filo viene letto e commentato in sezione.

«Il lettore, se ha ben presente i Fili precedenti e altri nostri testi, può ricorrere a passi che danno in esteso il concetto che viene talvolta abbreviato: ci sono continue e volute ripetizioni, ma se fossero di più il Filo sarebbe ancor più lungo e faticoso.

«Cari saluti».

 

Una parola, infine, va detta sul fatto che questi “fili del tempo”, alla stessa stregua degli altri scritti pubblicati nella stampa di partito nelle diverse fasi del suo sviluppo, sono apparsi in forma anonima. Nel partito, e anche al di fuori del partito, si sapeva benissimo che questi scritti erano dovuti alla penna di Amadeo Bordiga, come d’altra parte molti altri scritti. L’anonimato, per Amadeo, e per il partito stesso, non è mai stato un vezzo, ma faceva e fa parte della lotta costantemente portata avanti contro l’individualismo e l’intellettualismo, malattie diffusissime nella società borghese attraverso le quali essa intossica la classe proletaria e i suoi organismi di lotta, e in particolare il partito di classe. Lo scopo borghese è di spezzare l’omogeneità del partito di classe, la collettiva solidarietà di classe, la forza unificante di una classe che non è la somma di tanti individui, ma è il risultato di una lotta comune per obiettivi comuni, indirizzata nella stessa direzione e guidata da un partito che è esso stesso un collettivo di lavoro e di attività nei diversi campi, attività che non risponde al programma proposto, di volta in volta, da tizo o caio che abbia ricevuto la maggioranza dei voti, ma ad un programma che è per eccellenza impersonale, definito per tutto un ciclo storico e che scavalca confini individuali, nazionali, razziali, di tempo e di spazio, resistendo al di là delle vicissitudini personali di capi e gregari. Chi non raggiunge l’altezza dell’anonimato, inteso in questo senso, esprime un deficit teorico che nel tempo si può trasformare in opportunismo, in cedimento alle lusinghe dell’ideologia borghese, in azione controrivoluzionaria perché quel deficit teorico nasconde in verità l’attaccamento alla proprietà privata – di cui la proprietà intellettuale è la più oscena – al personalismo, dunque a ciò che serve alla conservazione borghese per frammentare la classe proletaria e attirare il suo partito di classe rivoluzionario nei gironi dell’ideologia e della pratica borghesi.    

 


 

(1) Cfr. «Le tesi della Sinistra. Il corso storico del movimento di classe del proletariato», in Prometeo, n. 6, marzo-aprile 1947, p. 261; anche in “Per l’organica sistemazione dei principi comunisti”, n. 6 dei testi del partito comunista internazionale, edizioni il programma comunista, Ivrea 1973, p. 87.

(2) Si tratta della Lettera di Amadeo Bordiga a Riccardo Salvador, del 23 novembre 1952. Archivio di partito. Rintracciabile anche nel sito www.quinterna.org.   

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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