1914-2024 : A centodieci anni dalla prima guerra imperialista mondiale
Le posizioni fondamentali del comunismo rivoluzionario non sono cambiate, semmai sono ancor più intransigenti nella lotta contro la democrazia borghese, contro il nazionalismo e contro ogni forma di opportunismo, vera intossicazione letale del proletariato
( Quaderni de “il comunista”, N° 1, Agosto 2024 )
Ritorne indice Quaderni n. 1 - ◄ Pagina precedente - Pagina successiva ►
Sciovinismo morto e socialismo vivo
(Lenin, Sotsial-Demokrat, 12 dicembre 1914)
Per la socialdemocrazia della Russia, perfino un po’ più che per quella di tutto il mondo, la socialdemocrazia tedesca è stata nel corso degli ultimi decenni un modello. Si capisce quindi che non si può prendere posizione consapevolmente, cioè criticamente, o nei confronti del socialpatriottismo, o sciovinismo «socialista», oggi dominante, se non si chiarisce fino in fondo il proprio atteggiamento verso la socialdemocrazia tedesca. Che cosa è stata? Che cos’è? Che cosa sarà?
Alla prima domanda può dare risposta l’opuscolo di Kautsky, pubblicato nel 1909 e tradotto in molte lingue europee, La via al potere, che è la più completa, e la più favorevole per i socialdemocratici tedeschi (nel senso delle speranze che essi davano), esposizione di idee sui compiti della nostra epoca, dovuta alla penna del più autorevole scrittore della II Internazionale (...).
La socialdemocrazia è un «partito rivoluzionario» (prima frase dell’opuscolo) non solo come è rivoluzionaria la macchina vapore, ma «anche in un altro senso». Essa tende alla conquista del potere politico da parte del proletariato, alla dittatura del proletariato. Coprendo di sarcasmi «coloro che dubitano della rivoluzione», Kautsky scriveva: «S’intende, in ogni movimento importante e in ogni insurrezione dobbiamo tener conto della possibilità della sconfitta. Prima della lotta solo un imbecille può ritenersi assolutamente sicuro della vittoria». Ma sarebbe un «vero tradimento della nostra causa» rifiutare di tener conto della possibilità della vittoria. Una rivoluzione dovuta alla guerra può avvenire sia durante che dopo si essa. Non si può determinare quando precisamente l’acutizzarsi delle contraddizioni di classe porterà alla rivoluzione, ma «posso affermare con assoluta certezza che una rivoluzione apportata dalla guerra scoppierà o durante la guerra o subito dopo»: non c’è niente di più banale della teoria del «pacifico sviluppo fino al socialismo».
«Niente è più errato dell’opinione secondo la quale la conoscenza della necessità economica segnerebbe un indebolimento della volontà». «La volontà, come desiderio di lotta, è determinata: 1) dal prezzo della lotta; 2) dal sentimento della forza e 3) dalla forza effettiva». Quandio si cercò di interpretare in senso opportunistico la famosa introduzione di Engels alle Lotte di classe in Francia (75), Engels s’indignò e definì «vergognoso» che egli «facesse la figura del pacifico adoratore della legalità a tutti i costi». «Abbiamo tutte le ragioni di credere che siamo ormai entrati in un periodo di lotte per il potere statale»; queste lotte possono durare decenni, noi non lo sappiamo, ma «con ogni probabilità nell’Europa occidentale produrranno, già in un prossimo futuro, un considerevole spostamento di potere a favore del proletariato, se non il suo dominio esclusivo» (...). Le contraddizioni di classe non si attenuano, ma si acutizzano, il costo della vita aumenta, infuriano le concorrenza imperialistica e il militarismo. Si avvicina una «nuova era di rivoluzioni» (...). «La minaccia della guerra mondiale si avvicina; e la guerra significa anche la rivoluzione». Nel 1891 Engels poteva ancora temere una rivoluzione prematura in Germania, ma da allora «la situazione è fortemente cambiata». Il proletariato «non può più parlare di una rivoluzione prematura» (il corsivo è di Kautsky). La piccola borghesia non dà affatto affidasmento ed è sempre più ostile al proletariato, ma in un’epoca di crisi «può passare in massa dalla nostra parte». L’essenziale è che la socialdemocrazia «resti incrollabile, conseguente, intransigente». E’ indubbio che siamo entrati in un periodo rivoluzionario. Ecco cosa scriveva Kautsky in tempi lontanissimi, ben cinque anni fa (...).
Cosa scrive adesso questo stesso Kautsky... «I socialdemocratici di tutti i paesi hanno lo stesso diritto o lo stesso dovere di partecipare alla difesa della patria: nessuna nazione deve rimproverare un’altra per questo» (...) Il crollo di singole persone non è una stranezza in un’epoca di grandi sconvolgimenti mondiali (...).
La guerra europea denota una grandissima crisi storica, l’inizio di una nuova epoca. Come ogni crisi, la guerra ha esacerbato le contraddizioni nascoste nel fondo e le ha portate alla superficie, lacerando tutti i veli ipocriti, gettando a mare tutte le convenzioni, distruggendo le autorità putrefatte o in via di putrefazione. (In questo, sia detto fra parentesi, sta l’azione benefica e progressiva di tutte le crisi, incomprensibile solo agli ottusi seguaci dell’«evoluzione pacifica».) La II Internazionale che è riuscita in 25 o 45 anni (secondo che si conti dal 1870 o dal 1889) a compiere un lavoro estremamente importante e utile di diffusione del socialismo e di organizzazione preparatoria, inziale, elementare delle sue forze, ha compiuto la sua funzione storica ed è morta, vinta non tanto dai von Kluck (76), quanto dall’opportunismo. Lasciamo ora che i morti seppelliscano i morti. Lasciamo che i vacui intriganti (se non gli intriganti lacchè degli sciovinisti e degli opportunisti) «si affatichino» ora a ravvicinare Vandervelde e Sembat con Kautsky e Haase, come se ci trovassimo di fronte a Ivan Ivanovic che ha dato del «papero» a Ivan Nikiforovic (77), e che ha bisogno di un’amichevole «spintarella» per riconciliarsi con l’avversario. L’internazionale non esiste per sedersi intorno a una stessa tavola per scrivere una risoluzione ipocrita e lambiccata di gente per la quale è autentico internazionalismo il fatto che i socialisti tedeschi giustifichino l’appello della borghesia tedesca a sparare contro gli operai francesi, e che i socialisti francesi giustifichino l’appello della loro borghesia a sparare contro i tedeschi «in nome della difesa della patria»!!! L’Internazionale esiste per ravvicinare (dapprima ideologicamente, e poi, a suo tempo, anche organizzativamente) gli uomini capaci, nei nostri difficili giorni, di difendere l’internazionalismo socialista coi fatti, cioè di raccogliere le loro forze e di «sparare per secondi» [ come scriveva Engels nel 1891] contro i governi e le classi dirigenti, ciascuno nella propria «patria». E’ un’opera non facile, che richiede una grande preparazione, grandi sacrifici, e che non potrà essere compiuta senza sconfitte. Ma proprio perché l’opera non è facile, bisogna intraprenderla solo con coloro che vogliono attuarla, senza temere di rompere completamente con gli sciovinisti e coi difensori del socialsciovinismo (...).
Diciamo apertamente come stanno le cose: in ogni modo la guerra ci costringerà a farlo se non domani, dopodomani. Ci sono tre correnti nel socialismo internazionale: 1) gli sciovinisti che attuano conseguentemente una politica opportunista; 2) i nemici conseguenti dell’opportunismo che incominciano già a palesarsi in tutti i paesi (per lo più gli opportunisti li hanno battuti, ma «gli eserciti sconfitti imparano bene») e che sono capaci di compiere un lavoro rivoluzionario orientato verso la guerra civile; 3) i confusi e gli esitanti che ora vanno al rimorchio degli opportunisti e che danneggiano più di tutto il proletariato con i loro tentativi ipocriti di giustificare l’opportunismo in modo pseudoscientifico e marxista (non si scherza!). Una parte di coloro che stanno naufragando, in questa terza corrente, può essere salvata e resa al socialismo, ma solo con una politica di netta rottura e scissione con la prima corrente, con tutti coloro che sono capaci di approvare il voto dei crediti di guerra, la «difesa della patria», la «sottomissione alle leggi del tempo di guerra», il rispetto della legalità, il rifiuto della guerra civile. Solo coloro che seguono questa politica costruiscono effettivamente l’Internazionale socialista. Noi, da parte nostra, avendo stabilito contatti con l’ufficio russo del Comitato centrale e con gli elementi dirigenti del movimento operaio di Pietroburgo, dopo aver avuto con loro uno scambio di idee ed esserci convinti di essere d’accordo sulle questioni fondamentali, possiamo dichiarare a nome del nostro partito, come redazione del suo organo centrale, che solo il lavoro condotto in questa direzione è un lavoro di partito e socialdemocratico.
La scissione della socialdemocrazia tedesca è un’idea che, per il suo carattere «insolito», sembra spaventare oltremodo molta gente. Ma la situazione oggettiva ci garantisce che o questo fatto insolito accadrà (Adler e Kautsky hanno ben dichiarato all’ultima riunione dell’Ufficio internazionale socialista, nel luglio del 1914, che essi non credevano ai miracoli e perciò non credevano alla guerra europea!), oppure saremo testimoni della penosa putrefazione di quella che una volta è stata la socialdemocrazia tedesca. (...)
(76) Tra i più importanti generali tedeschi della I guerra mondiale.
(77) Personaggi di un racconto di Gogol: Come Ivan Ivanovic litigò con Ivan Nikiforovic.
Partito Comunista Internazionale
Il comunista - le prolétaire - el proletario - proletarian - programme communiste - el programa comunista - Communist Program
www.pcint.org
◄ Pagina precedente - Pagina successiva ►
Top - Ritorne indice - Ritorno a il comunista - Ritorno al catalogo delle publicazioni