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VENEZUELA: di fronte alla crisi capitalista che getta la piccola borghesia sul lastrico, il proletariato ha bisogno della sua organizzazione di classe indipendente e del suo partito rivoluzionario!

 

 

Nel corso delle ultime 3 settimane l’opposizione reazionaria della piccola borghesia ha tenuto numerose manifestazioni che si sono concluse quasi sempre con violenti scontri. La lista delle vittime non cessa di aumentare: al momento in cui scriviamo, si calcolano 29 morti, più di 600 feriti e più di 1200 arrestati.

Le manifestazioni sono cominciate dopo un “colpo di Stato parlamentare” (detto anche “auto-colpo di Stato”, allo scopo di destituire i parlamentari di opposizione) contro l’Assemblea Nazionale, colpo che fu annullato, però, nel giro di due giorni. Sul clima politico generale pesano allo stesso tempo il giudizio di ineleggibilità riguardo il leader dell’opposizione borghese, Henrique Capriles, e la repressione contro altri dirigenti dell’opposizione, vittime di aggressioni e di intimidazioni da parte delle bande chaviste (i famosi “colectivos”) e degli organi di sicurezza dello Stato. E’ come gettare benzina sul fuoco.

Per comprendere un po’ questo movimento delle classi medie infuriate, bisogna tornare al 2002, quando esse furono usate come massa di manovra per tentare di far cadere Chavez. In seguito le cose si calmarono per un certo tempo, grazie, senza dubbio, al rialzo vertiginoso del prezzo del petrolio che determinò una breve schiarita economica.  Ma le cose ricominciarono a deteriorarsi dopo la crisi economica mondiale del 2008; in Venezuela si conobbe un’importante recessione nel 2009-2010, principalmente a causa di una prima grave caduta dei prezzi del petrolio. Questa caduta dei prezzi del petrolio fu temporanea perché la ripresa economica mondiale trascinò in effetti un rialzo di questi prezzi a partire dal 2010 fino al 2015, anche se non raggiunsero mai la vetta dei 140 dollari e oltre quotati nel 2008, al momento, appunto dello scoppio della crisi.

Non va sottaciuto, inoltre che il peggioramento della situazione generale coincise con l’arrivo al potere di Maduro (dopo la morte di Chavez) nel 2015.

 

Il prezzo del formaggio bianco “Paraya” è aumentato del 21.563%!!!

 

Nessuno può ignorare che il Venezuela conosce una situazione economica che diventa ogni giorno più grave: l’economia, lo scorso anno, si è contratta del 18%  per il terzo anno consecutivo (1). La disoccupazione quest’anno supera il 25%. Vi è inoltre il problema della penuria di molti prodotti  - che costituisce il primo fattore dell’inflazione – che spariscono dalla distribuzione ufficiale per riapparire sul mercato nero a causa del quale essi possono conoscere un aumento dei prezzi che raggiungono perfino il 21.563% del prezzo originario ufficiale. Il salario minimo più il cesta-ticket (2) raggiungono i 148.638 Bolivares, quando il costo della vita per una famiglia media (di 5 persone) è di 772.000 Bs (3). L’inflazione è responsabile di questa differenza, giungendo nell’arco di un anno al 440%. La FAO (organizzazione dell’ONU) considera le cifre ufficiali non credibili, e l’opposizione ha richiesto un aiuto umanitario per la popolazione...

Di fatto, parallelamente alle grandi manifestazioni dell’opposizione democratico-golpista, certi settori popolari hanno cominciato a mobilitarsi contro le Clap (sistema messo in piedi per combattere la mancanza dei prodotti di base) considerate come un sistema di elemosina che non copre per nulla i bisogni elementari di prima necessità per la grande maggioranza di coloro che ne beneficiano (4).

 

Le radici della crisi

 

La crisi economica in Venezuela è la conseguenza diretta della crisi capitalistica internazionale; la recessione economica mondiale ha fatto diminuire la domanda di petrolio, provocandone inevitabilmente la caduta del prezzo: il prezzo al barile che aveva raggiunto i 140 dollari nel 2015 oggi è fissato intorno ai 50 dollari. Il petrolio è la prima risorsa del Venezuela che detiene le più grandi riserve accertate del pianeta; esso rappresenta il 95% delle sue esportazioni e assicura i due terzi delle entrate dello Stato. Gli sforzi dell’OPEP (cartello dei produttori di petrolio di cui il Venezuela è membro fondatore) hanno senza dubbio permesso di far rialzare sensibilmente il corso del petrolio che era precipitato a 30 dollari al barile, ma ciò è comunque insufficiente per ristabilire le finanze del paese. Secondo un’analisi della Deutsche Bank dello scorso anno (5) il corso del barile dovrebbe raggiungere i 200 dollari per riequilibrare le finanze del Venezuela!

Non siamo di fronte ad una fatalità, ma alla conseguenza del vampirismo del capitalismo petrolifero; in mancanza di una vera e seria diversificazione verso altri settori produttivi (industria e agricoltura), anche all’epoca di Chavez, esso assorbe tutte le risorse facendo precipitare le masse, compresa la piccola borghesia, nella miseria; e tutto ciò per non interrompere il flusso di capitali necessari alla multinazionale petrolifera PDVSA. I dirigenti chiavisti, sedicenti antimperialisti (6), danno una priorità assoluta al pagamento del debito nei confronti del settore finanziario internazionale per poter continuare ad ottenere crediti al fine di mantenere e sviluppare l’industria petrolifera: bisogna affamare la popolazione per alimentare il mostro capitalista!

 

Qual è il programma della MUD?

 

A parte i motivi e gli scopi già citati di questo movimento che minaccia di occupare le strade “fino alla caduta della tirannia” (sic!), il programma della MUD (“Tavolo dell’Unità Democratica”, costituito dai gruppi e dai partiti di opposizione, alleatisi alla bisogna) non è praticamente conosciuto. Il presidente del parlamento, Allup, e l’economista Guerra, che appartengono entrambi alla MUD, si sono accontentati di dire che vi sarà una grande transizione verso una serie di misure e di orientamenti totalmente opposti a quelli dell’attuale governo. Parole!, parole!, che però non prospettano nulla di buono per la grandi masse dei lavoratori ed anche per le classi medie che appoggiano la MUD, ma che ne saranno inevitabilmente divorate! In pratica, oltre a far stringere ancor più la cintura, la prima cosa che la MUD farà sarà quella di liquidare le pur timide misure sociali messe in atto all’epoca chavista e che erano finanziate unicamente dalla vendita, a prezzo alto, del petrolio. Un altro economista dell’opposizione afferma: “bisogna accordare più libertà all’imprenditore e al datore di lavoro per adeguare la durata del lavoro”... E’ dunque un programma “neo-liberale”, che ricorre a misure necessarie al capitalismo in periodo di crisi, senza minimamente tentare di modificare le sue leggi come pretendevano di fare i “cervelli” dello chavismo.

 

Le classi medie nel letto di procuste

 

Benché sia una classe, meglio una mezza-classe che possiede certi mezzi di vita e di produzione, la piccola borghesia si trova oggi in Venezuela presa nella tenaglia, incastrata fra le due classi fondamentali del sistema capitalista, la borghesia e il proletariato. In questo periodo di crisi essa teme, ancor più dello stesso proletariato, di precipitare verso i livelli più bassi della piramide sociale, fino a  cadere nel sottoproletariato; essa è, di conseguenza, disposta a prestarsi a non importa quale avventura di tipo fascista pur di non cadere nella proletarizzazione. Essa si ribella contro i colpi che le assesta il capitalismo, ma non abbiamo alcun dubbio che in ogni momento essa può rivoltarsi contro il proletariato sebbene anch’esso sia sotto attacco della borghesia. Marx diceva nel Manifesto che le classi medie sono reazionarie e che soltanto abbandonando i loro interessi di classe esso possono diventare rivoluzionarie.

Nella rivoluzione francese esse erano rivoluzionarie con il proletariato contro la monarchia, ma lo tradirono subito dopo permettendo il massacro dei proletari. Nella rivoluzione russa esse furono rivoluzionarie contro l’assolutismo zarista, al quale rimase fedele il governo Kerensky, ma dopo Ottobre 1917 esse divennero reazionarie. In una rivoluzione borghese (o semi-borghese come in Russia) esse possono giocare un ruolo rivoluzionario decisivo a dispetto della loro instabilità congenita. Ma sotto il regime capitalista, le loro tendenze conservatrici sono molto più pesanti. Trotsky scriveva giustamente che “la piccola borghesia è economicamente dipendente e politicamente frazionata. Per questo non può avere una politica propria. Ha bisogno di un ‘capo’ che le ispiri fiducia. Questo capo, individuale o collettivo, che può essere cioè una personalità  o un partito, le può essere dato dall’una o dall’altra delle  classi fondamentali,  dalla grande borghesia o dal proletariato” (7). Si sa che i capi della MUD appartengono alle famiglie più ricche e più fortunate del Venezuela...

Se il proletariato ha la forza di lottare realmente contro il capitalismo, se riesce ad organizzarsi solidamente su basi di classe indipendenti, può effettivamente attirare verso di lui almeno certe frazioni della piccola borghesia contro l’ordine borghese. Ma se non ha questa forza e se, al contrario, si confonde in un movimento interclassista, le classi piccoloborghesi si rivolgono inevitabilmente verso la grande borghesia che non potrà far altro che utilizzarle contro il proletariato.

Le grandi manifestazioni attuali non devono seminare illusioni. Sarebbe disastroso se i proletari si mettono a rimorchio delle classi medie del paese. Il proletariato non ha alternative: deve organizzarsi indipendentemente dagli escuálidos (come sono chiamati i partigiani della destra borghese) e dai chavistas. La sua organizzazione deve essere un’organizzazione di classe per la difesa esclusiva dei suoi interessi di classe: è la sola possibilità che ha per strappare alla grande borghesia certi strati piccoloborghesi e per neutralizzare gli altri. Sennò è la borghesia vecchia e nuova del Venezuela che impone, e imporrà, i suoi interessi di classe sfruttatrice, in particolare nei periodi difficili come quelli odierni. La borghesia impone le sue soluzioni che peseranno completamente sulla schiena dei proletari, che la soluzione sia “chavista” come oggi, o “escuálida” come potrebbe essere domani: in entrambi i casi, fame, miseria, sfruttamento!  

Dunque:

Nessuna alleanza con la piccola borghesia in nome della difesa della patria o della democrazia, che non sono se non una facciata dietro la quale si nascondono gli interessi della borghesia dominante, alleanza che non sarebbe nient’altro che la via del massacro assicurato.

Ricostituzione del partito proletario di classe, internazionale e internazionalista per condurre la lotta contro il capitalismo nazionale e internazionale!

 


 

(1) La Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL) stima che l’economia del paese avrà un rinculo del 7,2%, stima molto vicina a quella dell’FMI: 7,4%.

(2) Il cesta-ticket è un complemento del salario unicamente destinato all’alimentazione; è l’equivalente del ticket-restaurant esistente in Europa. La grande maggioranza di coloro che ne beneficiano sono sia senza impiego, sia piccoli commercianti (chioschisti, venditori ambulanti, piccoli negozi ecc.). Ma dietro a questa funzione, ce n’è un’altra: diminuire la percentuale di prestazioni e remunerazioni da considerare per il calcolo delle pensioni ecc.

(3) Secondo il Centro di Documentazione e Analisi della Federazione Venezuelana degli Insegnanti (Cendas-FVM), questo costo avrebbe raggiunto in marzo 1.068.643 Bs, ossia un aumento del 15% in rapporto al mese precedente.

(4) Il Clap (Comitato Locale di Distribuzione e Produzione) è un sistema organizzato nei quartieri popolari per la ripartizione, appartamento per appartamento, di panieri contenenti prodotti di prima necessità: un piccolo aiuto ricevuto tutti i 15, 20 o 30 giorni per compensare le penurie. Il suo impatto rivela di essere più un’azione di propaganda che un’azione efficace e duratura. In ogni caso, nell’immediato, ha un impatto molto grande, toccando 3 milioni di abitanti (il doppio secondo il governo) dei quartieri popolari.

(5) http://www.businessinsider.fr/uk/deutsche-bank-report-on-commodities-says-venezuela-needs-200-oil-to-balance-its-budget-2016-2/

(6) Un documento ufficiale della FEC (Commissione Federale elettorale degli Stati Uniti) recentemente pubblicata, indica che la Citigo ha versato 500.000 dollari al Comitato Inaugurale Presidenziale di Donald Trump. Cfr. http://docquery.fec.gov/pdf/286/201704180300150286/201704180300150286.pdf. Una organizzazione legata al Partito Democratico ha giudicato illegale questa donazione uscita da un paese straniero ed ha presentato querela. La Citgo è una filiale della PDVSA, impresa petrolifera venezuelana di Stato; essa possiede “più di 6000 stazioni di servizio (...), 3 raffinerie e più di 48 terminali di deposito e di distribuzione” negli Stati Uniti. Cfr. Wikipedia. Se dovessero servire le prove del carattere demagogico delle dichiarazioni antimperialiste dei dirigenti chiavisti, eccone alcune tra le più chiare (fra molte altre)!.

(7) Cfr. Trotsky, «Dove va la Francia ? », ottobre 1935, in  Lev Trotskij, Scritti 1929-1936, Giulio Einuadi Editore, 1962, capitoletto E’ vero che la piccola borghesia teme la rivoluzione?, p.458.  

 

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

29 aprile 2017

www.pcint.org

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