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Prises de position - Prese di posizione - Toma de posición - Statements                


 

Il superdemocratico Stato borghese italiano, con la “Costituzione più bella del mondo”, non ha alcun problema a far marcire in prigione chi si ribella al suo ordine costituito. Ne è un esempio il caso degli anarchici Alfredo Cospito e Anna Beniamino

 

 

Alfredo Cospito e Anna Beniamino, due anarchici accusati di aver piazzato nel 2005 due ordigni esplosivi a bassa intensità vicino alla ex scuola allievi carabinieri di Fossano (in provincia di Cuneo), sono in carcere da 10 anni. La loro azione era stata del tutto dimostrativa; fatta in piena notte, non aveva lo scopo di ferire né tantomeno di uccidere qualcuno, né di causare particolari danni all’edificio. Al processo, tenutosi a Torino, Alfredo è stato condannato all’ergastolo e imprigionato nel penitenziario di Bancali (Sassari) e Anna a 27 anni e un mese di carcere, a Rebibbia.

Dal 5 maggio scorso Alfredo è stato trasferito in regime di carcere duro (il “41-bis”, normalmente comminato ai mafiosi rei di stragi), contro il quale è stato presentato reclamo. Ma dal luglio di quest’anno «il reato è stato riformulato ed è divenuto “strage ai danni dello Stato” (prima era “finalità terroristiche”), il più grave del nostro ordinamento che prevede la possibilità di ergastolo anche in assenza di vittime», un reato che prevede anche l’ergastolo ostativo, il cosiddetto «fine pena mai»! (1). Contro questo vero e proprio accanimento giudiziario, da più di due mesi Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame; dal 7 novembre, in segno di solidarietà, anche Anna Beniamino ha iniziato lo sciopero della fame (il 9 dicembre scorso, il suo avvocato, Caterina Calia, dopo averla incontrata, ha affermato che “è ormai pelle e ossa”) e comunque, in segno di ulteriore protesta, ha rifiutato il ricovero in ospedale (2).

Alfredo Cospito, senza aver ammazzato nessuno, è il primo anarchico che viene condannato al  41 bis. E’ evidente, anche in questo caso, la vendetta dello Stato contro coloro che osano manifestare violentemente contro l’oppressione e le violenze, dirette e indirette, delle sue forze dell’ordine (basta solo ricordare la lunghissima serie di manifestanti uccisi, bastonati, seviziati e torturati, da Portella delle Ginestre del 1° maggio 1947 al giugno-luglio del 1960, al G8 di Genova del 2001, a Stefano Cucchi nel 2009).

Sono state diverse le manifestazioni anarchiche di solidarietà con Alfredo e Anna: il 5 dicembre, a Torino, nel giorno in cui si è tenuta l’udienza di appello nella quale la Procura generale ha ribadito la richiesta dell’ergastolo e dodici mesi di isolamento diurno; il 19 dicembre, a Cagliari, quando il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari ha confermato il regime di carcere duro per Alfredo Cospito; e ancora il 29 dicembre, a Milano, con una manifestazione non autorizzata, ma alla quale hanno partecipato 400 persone appartenenti non solo agli anarchici ma anche a diversi settori sindacali e sociali.

Ma può uno Stato borghese – che in centosessant’anni di vita non è mai riuscito a sconfiggere la corruzione, le devianze e le violenze dei suoi apparati, il malaffare, la criminalità organizzata, e che trova sempre il modo di rendere rispettabili fior fiore di delinquenti, basta che siano miliardari o politici potenti –, attuare una coerente applicazione dei grandi principi di “eguaglianza” sbandierati a destra e a manca, i grandi principi che ispirano i diritti civili e umani, proclamando che di fronte alla sua legge “tutti sono uguali”? Certo che no! La dimostrazione concreta è che non ci si può attendere dallo Stato e dalle sue istituzioni se non una difesa degli interessi della classe dominante borghese; e questa difesa prevede che la salvaguardia degli interessi generali della classe dominante richieda, di tanto in tanto, che finiscano sotto indagine, processati e condannati anche uomini delle istituzioni se colti in flagranza di reato, ma soprattutto che sistematicamente gli appartenenti alla classe proletaria, se sgarrano anche soltanto di un soffio rispetto alle sacre leggi dello Stato, vengano severamente puniti e buttati nelle celle di una prigione.

In un periodo come l’attuale, in cui la classe borghese dominante sta rafforzando il controllo sociale tanto da poter affrontare la concorrenza internazionale e la crisi di sovraproduzione in cui i paesi  capitalisticamente opulenti ripiombano ciclicamente, senza dover affrontare anche le forti tensioni sociali che, inevitabilmente, il peggioramento delle condizioni di vita di larga parte della popolazione generano; in un periodo in cui la classe borghese dominante, a difesa  dei suoi profitti, deve colpire sempre più duramente le condizioni di esistenza di larghe fasce proletarie, è naturale che adotti misure particolarmente dure contro coloro che non solo non si piegano all’ordine costituito, ma che si ribellano e che potrebbero costituire un esempio per molti altri. In un periodo, come quest’ultimo, in cui lo scoppio della pandemia di Sars-CoV2 è stata presa a pretesto per ingabbiare ulteriormente la popolazione e soprattutto il proletariato – con i lockdown, gli obblighi di mascherine, di green pass e di vaccinazione, tanto da sospendere dal lavoro e dal salario tutti i lavoratori che hanno rifiutato di vaccinarsi – costringendolo al tempo stesso alle esigenze di produzione anche nei casi in cui gli ambienti di lavoro non erano sanificati; ebbene, in un periodo in cui la borghesia teme che il peggioramento delle condizioni di vita di larghe masse generi esplosioni sociali improvvise, il governo insediatosi poco più di due mesi fa – in perfetta continuità con i governi precedenti – si è assunto il compito di intervenire su tutti gli aspetti sociali che in qualche modo finora potevano apparire non sufficientemente controllati. La mannaia si è abbattuta infatti sulla massa dei senza lavoro, a cui i governi precedenti avevano assegnato un “reddito di cittadinanza”, sulla massa di migranti che, fuggendo da condizioni di guerra, di repressione e di estrema miseria, riescono a raggiungere – se non muoiono in mare o attraversando il deserto o di fame e di freddo sulle montagne al confine con altre nazioni – il territorio italiano, sui gruppi socialpolitici, come gli anarchici, che da tempo danno del filo da torcere alle forze dell’ordine in Val di Susa e in alcune città. Nello stesso tempo la stretta economica si abbatte anche sulle categorie di lavoratori considerate più esposte ad eventuali tensioni sociali, come quelle della sanità e della pubblica istruzione, in attesa di abbattersi anche nell’ambito dei trasporti pubblici, usando il personale di questi settori, che sono normalmente a contatto con tutti gli strati sociali della popolazione, come longa manus delle regole imposte dalle misure governative. Non a caso molti giornali parlano di una manovra governativa di lacrime e sangue...

E allora che significato ha comminare ad un anarchico, come Alfredo Cospito, che ha osato rivendicare l’azione dimostrativa di cui si è reso responsabile, sottolineando questa rivendicazione come «una questione d’onore» (3), la più alta e dura condanna prevista dall’ordinamento penale esistente, come l’ergastolo ostativo, nonostante i due ordigni esplosivi non abbiano causato né morti, né feriti, né danni gravi? Significa che non solo atti di questo genere rischiano di  essere considerati reati “di strage contro la sicurezza dello Stato”, ma che, in prospettiva, anche molti altri atti dimostrativi di lotta contro la repressione potranno essere considerati come reati contro la sicurezza dello Stato.

I comunisti rivoluzionari sono lontani mille miglia dalle concezioni anarchiche dello Stato e della società; e hanno una concezione della lotta di classe e della lotta rivoluzionaria completamente diversa da quella individualista e velleitaria che sta alla base dell’ideologia anarchica della violenza. La storia ha dimostrato ampiamente che la lotta per l’emancipazione del proletariato non passa attraverso i gruppi cospiratori che si assumono il compito di “svegliare le coscienze” ai massimi obiettivi politici, ma attraverso un lungo lavoro di preparazione delle masse proletarie alla lotta di resistenza al capitale, di difesa delle condizioni di resistenza sul terreno economico e immediato e un altrettanto e paziente lungo lavoro di preparazione classista e rivoluzionaria da parte del partito comunista rivoluzionario nelle file proletarie, come fece il partito bolscevico di Lenin in un paese, la Russia, molto più arretrato dal punto di vista economico e sociale dei paesi capitalisti occidentali.

Ciò non di meno, va dato atto agli anarchici come Alfredo e Anna – ai quali esprimiamo la nostra solidarietà – di aver avuto il coraggio e, appunto, l’onore, di non nascondere i loro atti, di rivendicarli in faccia al nemico borghese ben sapendo di rischiare una lenta e sistematica tortura rappresentata dall’isolamento e da decine d’anni di galera. E va sottolineato, all’opposto, l’atteggiamento vendicativo e vigliacco di uno Stato che – al servizio di una classe che è nata e si sostiene sull’oppressione della maggioranza dei tanto amati “cittadini”, in casa e nei paesi economicamente più deboli, al servizio di una classe che nel suo dna ha il disprezzo della vita dei lavoratori salariati e i massacri di guerra – non esita a servirsi di ogni mezzo di repressione al solo scopo di mantenere il dominio capitalistico sulla società. La borghesia non si commuove mai veramente per i morti e feriti degli attentati; l’ha dimostrato mille volte, come ad esempio nel 1921 di fronte alle vittime del “Diana” provocate da una bomba anarchica o nel 1980 di fronte alla strage di Bologna per mano dei fascisti: i soliti pistolotti contro il “terrorismo” si accompagnano sempre alla propaganda per la difesa della civile convivenza e della pace sociale con cui si maschera il vero interesse borghese, ieri come oggi e domani, e cioè la caccia al profitto per il quale «la borghesia, piuttosto che scomparire dalla storia, vuole la generale rovina della società umana» (4).

 

Il proletariato, oggi ancora succube delle illusioni democratiche, di convivenza pacifica tra le classi, di coesione nazionale, ha storicamente un compito che nessun’altra classe sociale ha mai potuto avere prima: farla finita con la divisione in classi della società, rivoluzionare da cima a fondo la società borghese distruggendo il suo dominio politico e la sua economia basata esclusivamente sul mercantilismo e sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; trasformare, cioè, la produzione per il mercato in produzione per i bisogni di vita degli esseri umani. A questa società senza classi, che da più di duecento anni chiamiamo comunismo, e che a noi piace chiamare società di specie, si arriverà soltanto attraverso la rivoluzione proletaria e comunista, a livello internazionale e condotta dal partito comunista rivoluzionario. I primi esempi storici di questa rivoluzione sono stati la Comune di Parigi del 1871 e la Rivoluzione russa del 1917; in quei tempi il proletariato europeo e americano non si è dimostrato pronto per la rivoluzione internazionale, poiché, pur esistendo, il partito comunista non era ancora così saldo e forte internazionalmente da poter assicurare alla rivoluzione la vittoria a livello mondiale.

La storia non si lascia dettare i tempi dalla volontà né di gruppi cospiratori, né di partiti rivoluzionari. I fattori oggettivi (lo sviluppo economico e politico della società e lo sviluppo del movimento proletario indipendente) e soggettivi (lo sviluppo del partito di classe) devono ad un certo punto essere entrambi presenti e operanti. Come la classe borghese, dai primi esempi storici del capitalismo nel Quattrocento italiano, e poi nel Seicento inglese dovette giungere alla fine del Settecento francese per imporre il salto storico rivoluzionario dal feudalesimo al capitalismo, così la classe proletaria dovrà riorganizzarsi – nonostante le sconfitte accumulate nei suoi 175 anni di esistenza come classe sociale e politica, ma tirando da quelle sconfitte tutte le lezioni storiche necessarie – in modo indipendente da ogni apparato borghese riconoscendosi come classe che ha un proprio compito storico che non condivide e non può condividere con nessun’altra classe. Questo compito storico è rappresentato, in realtà, dal partito di classe, dal partito comunista rivoluzionario, fin dal Manifesto dei comunisti di Marx-Engels del 1848. Perciò è il partito comunista che “attende” la maturazione classista del proletariato e che ha il compito di preparare nel frattempo le avanguardie, non viceversa; la storia, infatti, ha dimostrato che se il proletariato si muove sul terreno rivoluzionario, ma il partito di classe non è pronto a guidarlo alla conquista rivoluzionaria del potere politico – come successe nel 1919-1920 nella sviluppata Germania – allora la rivoluzione proletaria non vincerà internazionalmente.

La via da seguire, per i proletari coscienti dei compiti storici della loro classe, non è quella della violenza individuale e velleitaria, nella falsa convinzione che “basti dare l’esempio” perché le “coscienze” si sveglino. La via da seguire è quella della lotta per la riconquista del terreno di classe in cui le rivendicazioni operaie non dipendano dalla “possibilità o meno” dei capitalisti, o dello Stato, di soddisfarle, e non siano condivisibili dal padrone, dall’azienda o dallo Stato perché l’interesse del capitale è sfruttare il più possibile e il più a lungo possibile, la forza lavoro salariata: in questo consiste la tanto amata dai governanti e dai capitalisti “crescita economica”, la tanto amata produttività del lavoro.

Come già in passato, saranno le forze oggettive delle contraddizioni del capitalismo a spingere le masse proletarie a scontrarsi con le forze organizzate dello Stato borghese e con le forze dell’opportunismo e del collaborazionismo interclassista che lo sostengono, per difendersi anche soltanto nei primi livelli di organizzazione classista sul terreno immediato. La lotta sarà durissima perché la classe borghese non lascerà nulla di intentato per mantenere il potere, e nessuna scorciatoia individualista, avventurista o lottarmatista potrà accelerare il processo storico della maturazione della lotta di classe. I fattori materiali contraddittori che il capitalismo sviluppa incessantemente sono alla base degli antagonismi di classe e, quindi, della lotta fra le classi: lo sa bene, per esperienza storica, la classe dominante borghese che non smette mai di operare affinché l’appuntamento storico con la rivoluzione proletaria venga rimandato nel tempo il più possibile. Ma la storia dello sviluppo delle forze produttive, e della lotta fra le classi, come dicevamo, non si fa dettare i tempi né dai gruppi sovversivi né dalla classe dominante borghese. Come nel 1871 e nel 1917, la rivoluzione proletaria sorprenderà inevitabilmente la classe dominante borghese con la sua forza inarrestabile. Quel che non dovrà mancare sarà la guida del partito comunista rivoluzionario, un partito che non può nascere dalla stessa rivoluzione, ma che dovrà essere presente e operante molto tempo prima. E’ per quel partito che noi stiamo lottando e resistendo nel tempo.

Nel 1848, di fronte ai tentativi rivoluzionari del proletariato a Berlino, a Vienna, a Parigi, a Milano, a Praga, e alla risposta controrivoluzionaria dell’assolutismo e della borghesia unite contro il proletariato, Marx scrisse: «Non l’abbiamo mai nascosto. Il nostro terreno non è il terreno del diritto; è il terreno della rivoluzione. Il governo, da parte sua, ha infine abbandonato l’ipocrisia del terreno legale; si è posto sul terreno rivoluzionario: giacché anche il terreno controrivoluzionario è rivoluzionario» (5).

E così, giungerà nuovamente – come nel 1919-1920 di fronte al fascismo – il momento in cui, di fronte al proletariato in movimento sul terreno della lotta di classe e rivoluzionaria, il governo borghese abbandonerà l’ipocrisia del terreno legale e agirà apertamente sul terreno della violenza controrivoluzionaria; il terreno controrivoluzionario è, dialetticamente, anche rivoluzionario. Oggi siamo ancora in pieno in un lungo periodo di pesante depressione del movimento proletario di classe; ma i fattori di crisi del capitalismo lavorano oggettivamente per una soluzione della crisi generale del capitalismo attraverso una futura guerra guerreggiata, dunque per un’oggettiva apertura delle lotta fra le classi, ma sul terreno di una preventiva controrivoluzione. E’ il terreno su cui si deve costituire e rafforzare il partito di classe, e non importa che questo partito sia rappresentato da un pugno di militanti, perché ciò che è essenziale e indispensabile è la continuità teorico-programmatica con il marxismo grazie alla quale sarà possibile - quando il movimento proletario classista rialzerà la testa riorganizzandosi sul terreno dell’indipendenza di classe - lo stretto contatto tra il partito di classe e le masse proletarie che troveranno nel partito la loro guida, come la trovarono nel partito bolscevico di Lenin non solo in Russia ma nel mondo.

 


 

(1) Cfr. https://www.rainews.it/ articoli/ 2022/ 12/ alfredo-cospito- ricorso-in-cassazione- entro-41-bis-dda1bed1-5f87-4285-b704-3a01b2cac90.html - e https:// www.milanotoday.it/ cronaca/manifestazione-anarchica-alfredo.html del 29 dicembre 2022.

(2) Cfr. https://torino.correire.it/notizie/cronaca/22_dicembre_09/processo-agli-anarchici-anna-beniamino-rifiuta-il-ricovero-e-in-sciopero-della-fame-da-un-mese-2e3a4d37-88ac-457b-a35f-793931fc3xlk.shtml.

(3) Cfr. https://www.radiondadurto.org/ 2022/12/05/ torino-giornata-di-lotta- contro- il-carcere- e-solidarietà-ad-  alfredo-cospito- e-anna-beniamino.

(4) Cfr. Per i funerali delle vittime del “Diana”, “Il Comunista”, 30 marzo 1921, in “Manifesti ed altri documenti politici, 21 gennaio-31 dicembre 1921”, del Partito Comunista d’Italia, Reprint Feltrinelli .

(5) Cfr. K. Marx, La borghesia e la controrivoluzione (“Neue Rheinische Zeitung”, n. 165 del 10 dicembre 1848), Marx-Engels, Il Quarantotto, La Nuova Italia, , Firenze 1970.

 

 

30 dicembre 2022

 

Partito Comunista Internazionale

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