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Hanno sepolto il Primo Maggio nel pantano della collaborazione di classe !

Può rinascere e tornare ad essere una giornata esclusivamente proletaria solo con la ripresa della lotta di classe !

 

 

Il Primo Maggio come giornata in cui il proletariato celebrava la sua lotta per le otto ore ha avuto i natali proprio in America, all'epoca in cui le ondate di emigrazione dall'Europa, soprattutto da Germania, Boemia, Italia, Grecia e dai paesi dell'est Europa, riempivano le città industriali degli Stati Uniti tra cui primeggiava Chicago.

Chicago, negli anni Ottanta e Novanta del secolo XIX, era denominata la "macelleria del mondo" (perché vi si produceva la maggior quantità di carne suina del mondo) e anche il "granaio d'America" grazie alle sconfinate praterie del Mid West che si aprivano ai bordi del suo centro abitato. Questi primati erano dovuti all'enorme massa di lavoratori salariati emigrati dall'Europa che venivano sfruttati con giornate di lavoro dalle 12 alle 16 ore al giorno, senza alcuna sicurezza, e in condizioni di lavoro al limite della sopravvivenza. Contro questo supersfruttamento, e sulla base delle esperienze di lotta già avvenute nei paesi europei (il 1830 in Francia, il 1848 che scosse la gran parte delle capitali europee, il 1871 con la Comune di Parigi), iniziarono i primi movimenti di sciopero, e si organizzarono i primi sindacati operai in America.

La diminuzione drastica della giornata lavorativa a 8 ore e l'aumento del salario furono le due rivendicazioni principali su cui si unirono gli operai e per le quali lottarono con tenacia e senza timore della repressione da parte dei grandi capitalisti e della borghesia dominante. Nel 1884, la Federation of Organized Trades and Labor Unions diede alla lotta proletaria un obiettivo storico: dal 1 maggio 1886, gli operai avrebbero lavorato soltanto 8 ore al giorno, per lo stesso salario ricevuto per le 12-16 ore giornaliere, e se i padroni non avessero accettato questo orario giornaliero sarebbero scesi in sciopero e avrebbero organizzato picchetti finché questa rivendicazione non fosse stata accettata.

Avvicinandosi quella data, il clima a Chicago cominciò a diventare tesissimo: da un lato i proletari e i sindacati propagandavano la lotta e si organizzavano per attuare quanto proclamato due anni prima, mentre i padroni delle fabbriche, l'amministrazione comunale e la polizia, a loro volta, inasprivano il clima di tensione cercando di intimidire i proletari con ogni mezzo. Già nel febbraio del 1886 gli operai di una delle compagnie più potenti della città, la fabbricante di mietitrici McCormick, iniziarono a scioperare. La McCormick rispose con la serrata e con l'organizzazione dei crumiri (gli strikebreakers) da far entrare in fabbrica di nascosto. Ovvio il tentativo di spezzare l'unione degli operai in sciopero. Si arrivò così al primo maggio, quando una massa di 30-40mila operai di Chicago scese nelle strade in sciopero rivendicando la giornata lavorativa di 8 ore, mentre davanti alla McCormick continuavano i picchetti; all'interno della fabbrica, i crumiri che erano riusciti a entrare continuavano a lavorare protetti da centinaia di poliziotti. Le proteste e le manifestazioni durarono tre giorni. Inevitabili gli scontri tra gli scioperanti e i crumiri che tentavano di entrare in fabbrica; la polizia intervenne sparando e uccidendo alcuni scioperanti. La reazione operaia non si fece attendere; un'associazione anarchica organizzò una protesta pacifica nella piazza Haymarket, al centro di un’importante zona commerciale di Chicago. Ma la polizia si scatenò caricando i manifestanti per sciogliere l'assembramento; qualcuno lanciò una bomba contro i poliziotti, uccidendone 7 e ferendone una sessantina. La polizia reagì sparando e uccise altri 3 manifestanti. Iniziò così una rappresaglia sistematica contro gli anarchici, sebbene non sia mai stato trovato il responsabile del lancio della bomba (e non è escluso che fosse stato qualcuno al soldo della McCormick o della polizia...). Nonostante non ci fosse alcuna prova che indicasse come responsabili gli anarchici, 8 di loro, molti dei quali nemmeno presente alla manifestazione, furono accusati di cospirazione e omicidio: piombarono su di loro le condanne a morte, due ottennero il carcere a vita, uno 15 anni di prigione, uno morì "misteriosamente" in carcere, gli altri furono impiccati.

Nel 1889, nel congresso socialista della Seconda Internazionale tenutosi a Parigi, il primo maggio, in onore dei proletari di Chicago e della loro lotta, fu dichiarato giornata internazionale del proletariato in lotta, giornata che in Europa e in diversi altri paesi come Messico, Cuba, Cina si diffuse rapidamente. Ma la strage di Haymarket, le condanne a morte degli anarchici che non erano colpevoli di quella bomba, e il ricordo dell'estrema combattività che manifestarono i proletari di Chicago per ottenere le 8 ore giornaliere di lavoro, era un peso troppo grave da sopportare per la borghesia americana, ma era anche un pericolo perché la celebrazione del 1° maggio poteva far rinascere nei proletari americani il ricordo di quelle lotte, rinnovando una tradizione contro cui ogni borghesia ha sempre combattuto. Infatti, in America la giornata che ricordava la dura lotta dei lavoratori è stata spostata al primo lunedì di settembre (perciò mai lo stesso giorno), mentre in Europa e in molti altri paesi, il primo maggio è stato trasformato in una giornata di festa denominata Festa del Lavoro e a questa trasformazione in una giornata pacifica accettata da tutti i padroni e da ogni Stato, ha contribuito in modo sostanziale l'opera opportunista dei sindacati e dei partiti, votati alla pace sociale, alla collaborazione di classe, alla permanente sottomissione del proletariato alle esigenze di vita del capitale.

La fortissima spinta all'industrializzazione degli Stati Uniti d'America creò in gran parte del paese una numerosa e concentrata classe operaia che, oggettivamente, poteva rappresentare un grande pericolo per il dominio borghese, come d'altra parte succedeva in Europa soprattutto in Inghilterra, in Francia, in Germania, dove il comunismo rivoluzionario, dall'apparizione del Manifesto di Marx ed Engels in poi, ebbe una grande risonanza tra le masse operaie, e sulle cui basi ideologiche e programmatiche si erano organizzati i partiti operai e la loro Associazione Internazionale. Che la classe operaia americana fosse decisamente combattiva è dimostrato dal fatto che continuò a lottare per gli aumenti di salario e per la diminuzione della giornata di lavoro a 8 ore ancora per almeno un trentennio, fino alle soglie della prima guerra imperialista mondiale. Famoso fu lo sciopero alla Pullman Company di Chicago, fabbrica di carrozze e materiale ferroviario, scatenato nella primavera del 1894, contro i licenziamenti e l'abbattimento dei salari in seguito alla crisi economica dell'anno precedente; uno sciopero che dette il via a un boicottaggio ferroviario nazionale che durò dall'11 maggio al 20 luglio 1894 coinvolgendo non meno di 250mila lavoratori in 27 Stati, e interrompendo gran parte del traffico merci e passeggeri. Naturalmente a queste azioni di lotta così decise si opposero non solo la Pullman, ma anche il governo federale che inviò l'esercito a spezzare gli scioperi e il boicottaggio, con l’appoggio della Federazione Americana del Lavoro (l'AFL, il principale sindacato negli USA a conduzione collaborazionista), arrestando e processando i sindacalisti dell'ARU che l’avevano proclamato e diretto (l'American Railway Union guidata dal socialista Debs). La violenza delle forze dell'ordine provocò trenta morti nella sola Chicago, mentre, secondo un'indagine dello storico David Ray Papke, si contarono altri quaranta morti negli scontri in altre città.

La storia delle lotte proletarie negli Stati Uniti è piena di episodi di questo genere, dai Molly Maguires agli IWW, con i minatori sempre in primissimo piano, in particolare quelli di provenienza irlandese e tedesca. Ma, insieme ai proletari immigrati europei, con le loro esperienze di lotta e di organizzazione, immigrarono in America anche i capitalisti e i politicanti europei, con le loro esperienze di repressione delle lotte operaie e con un consistente bagaglio di politiche opportuniste da utilizzare, insieme alla violenza delle repressioni, per influenzare e deviare le organizzazioni operaie e i movimenti politici operai dal terreno della lotta frontale contro la borghesia al terreno della collaborazione di classe attraverso la classica corruzione dei vertici sindacali e politici. 

Questi brevi cenni al passato delle lotte operaie in America che diedero i natali al Primo Maggio proletario servono non per celebrare il ricordo di un glorioso passato che non tornerà grazie allo sviluppo di un capitalismo sempre più ricco e potente non solo in Europa e nell'America del Nord ma anche nel resto del mondo: servono per non dimenticare che le lotte fra le classi non fanno parte di una storia ormai tramontata, ma di una realtà che lo stesso capitalismo rigenera continuamente attraverso le sue contraddizioni economiche e sociali sempre più acute e sempre di più vasta portata internazionale.

 

Alimentare la concorrenza tra proletari: obiettivo fondamentale di ogni borghesia

 

Mentre le borghesie si sono arricchite in modo incommensurabile in virtù del loro sistema mondiale di sfruttamento del lavoro salariato, e sebbene in molti paesi a economie capitalistiche avanzate abbiano raggiunto mediamente un tenore di vita senza dubbio più alto di quello di un secolo o di due secoli fa, i proletari non solo sono mantenuti nelle condizioni di dipendenza assoluta dal capitale, per cui devono la loro vita alla borghesia capitalistica, ma sono soggetti a un divario e a diseguaglianze sociali tra le classi progressivamente aumentati, raggiungendo livelli di insicurezza della vita mai toccati in precedenza. E così, nonostante nei paesi capitalistici avanzati come in quelli arretrati, le spinte alla lotta da parte dei proletari non si siano mai sopite, trasformandosi in determinati momenti in vere e proprie rivolte sociali, il proletariato è stato fatto precipitare, grazie al contributo essenziale delle forze opportuniste, sempre più nell'impotenza anche soltanto per difendere le sue condizioni di vita e di lavoro immediate.

Certo, i proletari dei paesi capitalistici avanzati, dalla fine della seconda guerra imperialistica mondiale, possono contare su politiche sociali che le borghesie dominanti hanno riempito di ammortizzatori sociali. Queste politiche sociali sono state ottenute dai lavoratori grazie alle lotte, alle rivolte e alle rivoluzioni proletarie nei cent'anni precedenti al fatidico 1939, ma anche a un’intelligenza politica delle borghesie dominanti che hanno potuto, e voluto, utilizzare una piccola parte dell'enorme massa di profitti ricavati dallo sfruttamento bestiale dei propri proletari e dei proletari delle colonie e dei paesi arretrati per destinarla agli ammortizzatori sociali con i quali finanziare la corruzione sindacale, politica e sociale all'interno delle proprie masse salariate. E' evidente l'obiettivo di tacitare i bisogni più impellenti del proletariato sul piano economico, ma anche quello di alimentare la concorrenza tra proletari creando all'interno della loro massa nazionale uno strato pagato meglio e più "garantito" (la famosa aristocrazia operaia), legandolo sempre più alla difesa dell'economia e della società borghese e mettendolo contro gli altri proletari. In questo modo la borghesia domina più facilmente su tutti gli altri strati proletari, tra i quali ha scatenato una guerra quotidiana per un posto di lavoro anche precario o in nero, e per un salario anche da fame o saltuario.

In questa vasta operazione economica e sociale volta a difendere, in ogni paese, un livello di pace sociale gestibile nonostante le inevitabili lotte generate dalle crisi che la borghesia stessa non è in grado di evitare, si è inserito anche il fenomeno dell'immigrazione che, con l’andare del tempo, è sempre più numerosa e illegale.

Più le contraddizioni economiche e sociali del capitalismo generano crisi e guerre, più il fenomeno delle migrazioni di masse proletarie sempre più consistenti verso i paesi più ricchi e, almeno temporaneamente, più stabili, prende una dimensione mondiale. E così, i migranti diventano, aldilà della loro volontà, un'ulteriore carta che le borghesie usano per aumentare la concorrenza tra proletari. La borghesia, mentre da un lato fa la guerra all'immigrazione "illegale", reprimendola, incarcerandola, cercando di bloccarla ai confini di ogni Stato, respingendola nei paesi da cui è partita e in cui la sorte è segnata da torture, sfruttamento bestiale e violenze di ogni tipo, oppure lasciando morire i migranti nelle traversate via mare o via deserto colpendo, con tutto il cinismo di cui è capace, anche le organizzazioni umanitarie; dall'altro lato, propaganda la condizione di emarginazione e di precarietà di vita dei migranti come una condizione in cui possono precipitare i proletari autoctoni se non collaborano con i padroni e con lo Stato, se non accettano i sacrifici che la classe dominante borghese esige perché la sua economia non crolli.

E' sempre più evidente quanto il Manifesto di Marx-Engels sosteneva nel 1848 e cioè che non solo la sopravvivenza del capitale è data dal lavoro salariato, dallo sfruttamento borghese della forza lavoro operaia, ma che il lavoro salariato poggia esclusivamente sulla concorrenza degli operai tra di loro.

La concorrenza tra operai rafforza il dominio capitalistico sull'economia e il potere borghese sulla società. Perciò la lotta proletaria in difesa dei propri interessi immediati di classe deve prevedere la lotta contro la concorrenza tra proletari! Questa lotta di carattere generale e che riguarda tutti i proletari, di qualsiasi paese, di qualsiasi età e sesso e di qualsiasi credo religioso o politico, è una lotta che contiene tutta la lunga lista delle rivendicazioni immediate, dal salario alla giornata lavorativa, dalle misure di sicurezza sul lavoro alla nocività ecc.

 

La lotta classista del proletariato richiede obiettivi, mezzi e metodi di lotta incompatibili con gli interessi borghesi

 

Le rivendicazioni immediate del proletariato, e la lotta per ottenerle,  quando ottenute, non cambiano, di per sé, il rapporto di forza tra proletari e borghesi; il capitalismo rimane in piedi, i proletari continuano ad essere sfruttati come prima con qualche piccola variante positiva rispetto alla condizione precedente, variante che i proletari sanno per esperienza che è temporanea e che prima o poi sarà annullata o si rimangiata. Ciò che risulta essere realmente un fatto positivo dal punto di vista di classe, quindi più generale per i proletari, riguarda la lotta, i mezzi e i metodi di lotta, la sua organizzazione, il suo indirizzo.

I decenni di collaborazionismo sindacale e politico con la classe dominante borghese hanno formato una spessa crosta sulle tradizioni classiste della lotta proletaria, tanto da far scordare alle generazioni operaie presenti la capacità dirompente che possiede la lotta proletaria nella misura in cui si reimpossessa dei mezzi e dei metodi di lotta classisti, cioè dei mezzi e dei metodi che, rispondendo a un indirizzo generale di classe della lotta – quindi incompatibile con gli interessi sia immediati che storici della borghesia dominante – contribuiscono a formare nelle file del proletariato un'esperienza di lotta di cui la classe proletaria in generale ha assolutamente bisogno per potersi sentire una vera forza sociale in grado di cambiare completamente le condizioni di sottomissione ai capitalisti e al loro potere politico.

I proletari possono tornare ad avere una potente forza sociale nella misura in cui riescono a tagliare i lacci con cui la borghesia li incatena alla difesa dei suoi interessi. Questi lacci sono costituiti, in particolare, dalla rete organizzativa e politica delle forze opportuniste, sia sindacali che politiche, foraggiata e sostenuta dalla classe dominante borghese perché sa che il servizio di queste forze a difesa dell'ordine costituito le è vitale. Ci sono situazioni in cui la democrazia, lo "Stato di diritto", le "libertà civili" con tutti i loro apparati appositamente attuati non sono più così efficaci per la difesa del potere politico e sociale della borghesia, o perché il proletariato è giunto, concretamente, a minacciare di abbattere il potere borghese con la sua insurrezione e la sua rivoluzione (e la risposta della borghesia è stata il fascismo negli anni Venti del secolo scorso), o perché la borghesia non ha la forza economica e sociale per ottenere che il proprio proletariato si pieghi docilmente ai suoi interessi (ed è il caso delle dittature militari alla Pinochet o alla Al-Sisi). Resta il fatto che, nei lunghi decenni successivi al secondo macello imperialista mondiale, il proletariato dei paesi avanzati è stato influenzato in modo profondo dall'opportunismo riformista che ha alimentato le illusioni democratiche e dallo stalinismo che ha alimentato le illusioni di un socialismo à la carte, in realtà di un capitalismo nazionale meno elitario e più “popolare”. Questa influenza politica e sociale si è sempre basata proprio su quelle briciole di profitto che la borghesia dominante aveva deciso di concedere al proletariato in generale per tenerselo buono e per continuare a illuderlo delle proprietà taumaturgiche della democrazia parlamentare grazie alla quale si aprivano le porte del governo ai partiti che si definivano "socialisti" e "comunisti".

Lo sviluppo del capitalismo nella sua fase imperialista, oltre a spingere la concentrazione economica a livelli monopolistici mai visti in precedenza, spinge nello stesso tempo la concorrenza sul mercato mondiale a livelli antagonistici sempre più acuti tanto da obbligare le borghesie di ogni paese a privilegiare i propri apparati militari e politici al di sopra, e contro, le istituzioni democratiche e parlamentari di cui si è servita e si serve ancora tutt’oggi. La tendenza dello Stato a passare da “Stato di diritto” – fintamente “al servizio della società” – a Stato di polizia è ormai evidente in tutti i grandi paesi imperialistici che, a loro volta, hanno segnato e segnano il cammino anche degli altri paesi. E, ancora una volta, ciò che gli Stati Uniti d'America hanno ereditato dall'Europa imperialista glielo ritornano con la conferma che è esattamente questa la direzione che gli Stati imperialisti devono prendere, mostrando anche come il proletariato americano è stato corrotto e imprigionato nella rete della collaborazione di classe.

Il proletariato, oggi, si trova in una situazione molto particolare: è aumentato numericamente a livello mondiale, andando a formare la stragrande maggioranza della popolazione anche nei paesi capitalisticamente arretrati; mentre, nei paesi capitalisticamente avanzati, strati di piccola borghesia rovinati dalle crisi economiche sono finiti, e finiscono sistematicamente, nelle condizioni di esistenza del proletariato. Questi strati di piccola borghesia, però, portano con sé le aspirazioni, le abitudini e i pregiudizi caratteristici di queste mezze classi che oscillano continuamente tra la grande borghesia e il proletariato: aspirazioni, abitudini e pregiudizi che inevitabilmente vanno a rafforzare, negli strati proletari, insieme alle illusioni democratiche e riformistiche, anche i sentimenti nazionalistici e razzisti che distinguono proprio la piccola borghesia, soprattutto nei periodi di perdurante crisi economica e sociale.

Contro l'influenza diretta della classe borghese dominante, contro l'influenza aggiuntiva della piccola borghesia e contro le tendenze opportuniste con cui la borghesia tende ad avvolgere la massa proletaria in una ragnatela vischiosa e paralizzante, la classe proletaria può difendersi e contrattaccare soltanto rompendo la propria collaborazione di classe con la classe degli sfruttatori e con gli strati sociali che la sostengono. Il proletariato deve tagliare i lacci demo-nazional-patriottici che lo avvincono al carro della borghesia, grazie ai quali quest’ultima lo prepara non solo a sacrifici ancora più pesanti di quelli che già sopporta a causa delle crisi economiche, ma soprattutto a trasformarsi in carne da macello in una guerra che è già presente in Europa e ai suoi confini (ieri nella ex Jugoslavia, oggi in Ucraina e a Gaza) e che si prepara a diventare una guerra mondiale.

Il proletariato dei paesi imperialisti ha una grande responsabilità storica verso il suo stesso futuro e verso il futuro del proletariato mondiale: la sua lotta di classe è la sola che potrà risollevare le sorti del proletariato mondiale rispetto allo schiacciante dominio dell’imperialismo. La lezione tratta dalla gloriosa lotta rivoluzionaria del proletariato russo, insorto in piena prima guerra imperialista mondiale, vittorioso nella sua rivoluzione sia antizarista che antiborghese grazie alla ferma e lungimirante guida del partito di Lenin, e capace di sostenere per un decennio l’organizzazione internazionale della lotta proletaria senza l’apporto decisivo del proletariato dei paesi capitalistici avanzati – d’Europa e d’America – è una lezione storica che non va dimenticata. Se la rivoluzione internazionale, iniziata in Russia nel 1917, non ha potuto affermarsi in Europa, costituendo così un bastione invincibile contro la borghesia mondiale, e nonostante la grandissima combattività del proletariato tedesco, all’epoca punto di riferimento del proletariato mondiale, è perché l’influenza ancora dominante dell’opportunismo riformista e democratico della socialdemocrazia di allora paralizzava di fatto il movimento proletario in tutto il mondo civile. L’opportunismo operaio poggia su basi materiali ben precise, lo sa la borghesia dominante e lo sanno i comunisti rivoluzionari. Le basi materiali sono costituite dalle riforme, dalle concessioni che la borghesia attua affinché la lotta proletaria non assuma il carattere di classe, cioè il carattere specificamente antiborghese e anticapitalistico. La borghesia sa per esperienza storica che non ha alcuna possibilità di seppellire in eterno la lotta di classe del proletariato, non la può far sparire dal suo orizzonte sociale perché è il suo stesso modo di produzione che genera le contraddizioni della società divisa in classi antagoniste, contraddizioni che sono la causa della lotta di classe. La borghesia non domina, ma è dominata dal modo di produzione capitalistico che, una volta attivato attraverso lo sviluppo delle forze produttive e incanalato nei rapporti di proprietà privata, nella produzione mercantile per aziende e nei rapporti di appropriazione privata della produzione sociale, sfugge al controllo preventivo della classe borghese. E’ per questa ragione che la borghesia non è in grado di risolvere una volta per tutte le sue crisi economiche, in particolare le crisi di sovraproduzione che ciclicamente mettono in pericolo la stabilità dell’intera società. Ma la lotta di classe che la stessa borghesia ha condotto fin dalla sua apparizione, e che continua a condurre contro il proletariato, le ha insegnato che, alla tendenza del proletariato a unire le proprie forze per difendersi dalle esigenze sempre più intolleranti della borghesia, deve rispondere con l’aumento della precarietà di vita delle masse proletarie e con l’aumento della concorrenza tra proletari. Aumento della precarietà di vita e aumento della concorrenza tra i proletari sono le armi sociali che la borghesia di ogni paese utilizza senza soluzione di continuità.

Per questa ragione i proletari devono battersi su questi due livelli, livelli che non si elidono a vicenda, ma che richiedono che la lotta proletaria proceda su entrambi se si vuole che essa abbia successo sulla strada dell’emancipazione dal lavoro salariato: a) sul terreno della difesa dei suoi interessi immediati, legati al salario, alla durata della giornata di lavoro, alle condizioni di lavoro e di vita, lotta che scatta inevitabilmente a livello di singola fabbrica o singolo settore e nella quale i proletari fanno esperienza e riconoscono i punti forti e i punti deboli della propria lotta, della propria organizzazione; b) sul terreno più ampio che riguarda le condizioni generali di vita dei proletari, il terreno della lotta contro la concorrenza tra proletari nella quale sviluppare la solidarietà di classe che è la vera linfa della lotta di classe antiborghese e anticapitalistica.

Allora il proletariato di tutto il mondo avrà una ragione reale, di classe, per far rinascere il Primo Maggio come giornata internazionale della lotta proletaria contro il capitale, una lotta inserita nella prospettiva di una vera, solida, efficace emancipazione di classe da ogni oppressione capitalistica, da ogni contraddizione economica e sociale, da ogni degenerazione sociale e individuale causata dalla società mercantile per eccellenza, la società borghese.

 Il futuro che la classe borghese assicura al proletariato a livello mondiale è un futuro di schiavitù salariale, di miseria crescente, di oppressione e di repressione, di crisi e di guerra. Il futuro a cui la classe proletaria è storicamente destinata è un futuro in cui la merce, il capitale e la classe che se ne appropria con tutta la violenza di cui dispone vengono sconfitti, seppelliti una volta per sempre. Al loro posto, al posto di un’economia che, come un cancro, debilita, erode e stronca l’energia vitale delle forze produttive, sottoponendo il lavoro vivo al dominio del lavoro morto, dei mezzi di produzione e del capitale, il proletariato rivoluzionario – una volta abbattuto il potere politico dittatoriale della borghesia e instaurata la sua dittatura di classe – avvierà una reale economia sociale, un’economia che risponda esclusivamente ai bisogni sociali dell’umanità e non al mercato e al profitto capitalistico. Un’economia che non ha bisogno di una società divisa in classi, che non ha bisogno della divisione del lavoro, del denaro e che non avrà bisogno, quando internazionalmente la borghesia sarà completamente sconfitta, di uno Stato di classe, di un’Armata Rossa che difenda lo Stato proletario dagli attacchi delle borghesie ancora in grado di combattere per restaurare il loro dominio e le leggi del capitale e della produzione capitalistica.

La società comunista è il futuro storico non solo del proletariato, ma della specie umana: il proletariato, in quanto classe sociale creata dal capitalismo, proprio per la sua caratteristica storica di essere la classe senza riserve, senza proprietà e quindi senza patria, in quanto classe produttrice di ogni ricchezza, è l’unica classe rivoluzionaria della società borghese, l’unica classe che in questa società non ha nulla da perdere, perché nulla possiede, ma ha un mondo da guadagnare; è l’unica classe che combatte perché si raggiunga una società senza classi, per la scomparsa delle classi e, perciò, per la scomparsa di ogni oppressione, di ogni violenza di classe, di ogni Stato che è l’emblema della violenza della classe che domina sulle altre classi sociali. Il partito comunista rivoluzionario combatte nell’oggi per quel domani!   

 

23 Aprile 2025

 

 

Partito Comunista Internazionale

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